lunedì 9 aprile 2007

Storia di Ordinaria Politica Toscana

QUANDO IL SILENZIO DIVENTA UN URLO INSOPPORTABILE...
(Storia di Ordinaria Politica Toscana –scritta sulla pelle dei Cittadini)

Questa è una storia che inizia ben prima di oggi. Dura infatti dal '92 e non si è ancora conclusa..


Il 21 Luglio 2005, mentre mi sforzavo di ascoltare i deliranti contorcimenti verbali di una persona che per tanti anni ebbi a considerare “Amico di Famiglia” –che si accaniva al di là di ogni pur minimo residuo di decenza nel provocare il mio più violento disgusto, sì da essere sicuro che io non cambiassi idea riguardo ad una mia irrevocabile decisione (peraltro già resa di pubblico dominio anche attraverso la stampa : cfr. mia "Lettera all’Universo Mondo") - , i miei pensieri si fissarono sulle immagini di un anniversario, il 13.mo, celebrato appena due giorni prima.
Il 19 Luglio del 1992 veniva infatti ucciso Paolo Borsellino, insieme ai cinque Agenti di scorta. Non esiste parallelo, ovviamente, fra quella tragedia e la storia che qui vado ad abbozzare: sarebbe anzi osceno se solo immaginassi che questa storia avesse motivazioni o sviluppi che l’avvicinassero a quella. Ma certo, in tale accostamento, c’è più della semplice constatazione della ricorrenza della strage di via D’Amelio” –che, insieme alla strage di Capaci del 23 maggio di quel medesimo ’92 ed a tanti altri eventi, anche di diversa natura, hanno segnato le nostre coscienze..
Sì, c’è di più. E questo di più ha, appunto, una parola : Coscienza.
Ricordo infatti alcuni passaggi di un’intervista (l’ultima che potette fare) di Borsellino. Certo, lui parlava di mafia, ma il concetto che esprimeva aveva una valenza generale e quelle parole, anche per la cura con cui le sceglieva, desiderava che parlassero a tutti noi e ci facessero riflettere sul senso della così detta “appartenenza alla Società Civile”.

Io, almeno, le ho interpretate in questo modo: chiunque si senta di appartenervi, si sforzi di comportarsi, pur piccolo sia il ruolo che ricopre, in modo da favorire l’incremento del grado di “civiltà” della nostra Società. E non viceversa.

Le parole di Borsellino –che del resto riecheggiano quelle di Falcone, essendo da entrambi condivisi i medesimi sentimenti (così come la medesima sorte), esprimevano il profondo senso di responsabilità di chi crede che ciò che sta facendo è nell’interesse più alto proprio di quella Società Civile cui, tutti, diciamo di appartenere. Anche coloro i quali, pur tuttavia, preferiscono la ben “più facile via dell’accomodamento e del quieto vivere” -eventualmente, accettando di far convivere i propri interessi, pur legittimi, con altri di più oscuro significato e natura.
Chi accetta questo, è difficile si renda conto di cosa Borsellino intendesse con quel :
credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri insieme a me”.
E nello sguardo, in quell’ultima intervista, si avverte tutto il peso del “dovere morale” di continuare a farlo senza condizionamenti, anche nella certezza che tutto questo può costare caro.
Lui parlava di mafia, quindi è certamente facile apprezzarne il significato.

Ma in modo diverso e per fortuna non così tragico, tutti coloro che ritengono loro “dovere morale” operare onestamente per costruire qualcosa di utile per la Società e che, quando ostacolati, per un intreccio di interessi che rimane ai più oscuro, non hanno paura di continuare a voler esercitare il diritto di affermare le loro idee e intendono svolgere caparbiamente il proprio lavoro, anch’essi hanno certezza che il loro atteggiamento può costare loro caro –pur con manifestazioni di ostilità più sfumate, certo, ma che talvolta possono comunque sembrare (“sembrare”) pallottole..

Ma se si crede nelle “regole della democrazia” – in quei principi fondamentali che caratterizzano la nostra Civiltà – e si ha rispetto per esse, si devono accettare i rischi che conseguono all’opporsi a quegli oscuri e sordidi interessi e non si deve aver paura di pagarne il conto sulla propria pelle. Mai. In alcuna circostanza, quale che sia il prezzo da pagare.

Anche se ciò comportasse la perdita di ciò che si è costruito, anche con il lavoro e i sacrifici di una vita. O la perdita di affetti e di amicizie. O il sacrificio estremo.

Del resto uno dei meccanismi usati più comunemente è quello di isolare chi viene percepito dal “sistema di potere politico-affaristico” come ostile. Chi è isolato diventa infatti più sensibile alle pressioni e alle manipolazioni, attraverso le quali ci si sforza di imporre una realtà diversa, una realtà dove le ragioni e i torti, il bianco e il nero, diventino sempre meno identificabili, in un grigiore che vorrebbe assorbire ogni luce, circondando di tenebra chi continua a non piegarsi.
Per ottenere ciò, quel potere usa sovente lusinghe e oblique minacce anche nei confronti di chi, per antica amicizia o cointeressenze, ha capacità di influenza e spinge così, coloro che si assoggettano ad esso – al fine di conservare o accrescere i propri personali “interessi” – , ai più disgustosi e sporchi “tradimenti”. Azione che non disturba più di tanto chi ritiene l’Amicizia un concetto astratto.. ben legato a molto “pratici” interessi..

In tale contesto, si rischia facilmente di diventare doppiamente vittime: prima perché si è conculcati nei diritti, poi perché si è fatti oggetto di volgari accuse, addirittura costruite con il concorso di chi – fino a poco prima – veniva considerato “Amico e Sodale”, ma che alfine, dopo aver operato dietro le spalle, nel modo più iniquo e subdolo, rivela la propria fattuale complicità con il “sistema”.
Ma anche in tali frangenti, c’è chi non è disposto a perdere la propria dignità, preferendo continuare ad affermare, a buon titolo : <non siamo tutti uguali, non siamo tutti asserviti ad una ragnatela di interessi trasversali, non siamo tutti complici>.

Certo non si può negare che sia dura e che amareggia dover constatare la giustezza del pensiero di Gherardo Colombo (nell’illustrare a Enzo Biagi le ragioni che lo inducono a lasciare la magistratura) circa <un atteggiamento complessivo della società, (…), delle persone, delle regole, delle istituzioni verso i reati e quindi anche verso la corruzione (..) non esiste un atteggiamento di riprovazione..>.
Tale deficit rende tutto più complicato ed è pertanto più facile che si allunghi a non finire, con gli episodi di corruzione, l'elenco dei “Venduti e Comprati”.

Ma tale deficit rende anche più sorde le Istituzioni, anche le più alte, e la Politica e gli Organi preposti a far rispettare le “regole” della democrazia.
E dalla sordità nasce facilmente l’indifferenza.. E nell’indifferenza dei più: <chi può abusare del proprio potere, continua a farlo>..

Ecco che il silenzio diventa allora un urlo lacerante, insopportabile.
Un'offesa a cui, chi tiene alla propria dignità, non può non rispondere.

Ed è inevitabile, se impossibile altrimenti, ricorrere ad un gesto estremo
.

Quanto illustrato in questo blog è una storia di ordinaria politica toscana, scritta sulla pelle di tanti cittadini.
Così ordinaria da apparire "naturale" (sic!) anche alle Istituzioni più Alte.

(Fabrizio Frosini)