lunedì 16 aprile 2007

Lettera al Presidente Napolitano (23.01.2007)

Al Signor
Presidente della Repubblica Italiana
Palazzo del Quirinale – Roma


Signor Presidente,
mi permetto indirizzarLe questa mia dopo aver ascoltato e letto non poche Sue incisive e apprezzabili dichiarazioni nel corso di questi mesi.

Fra queste, ho particolarmente gradito l’appello a non allontanarsi dalla politica e ad un "impegno per fare politica pulitamente". Più volte, del resto, Lei è intervenuto su questo tema, con richiami ad una politica che «non può spogliarsi della sua componente ideale e spirituale».

Nel corso degli ultimi anni ho scritto anche al Suo illustre predecessore, sebbene il Dott. Ciampi non abbia ovviamente mai visto le mie lettere –arenatesi nella Segreteria del Quirinale. In effetti, attraverso il Prefetto di Firenze, la Segreteria chiese lumi riguardo a quanto illustravo e pare abbia sollecitato un intervento al Prefetto: formalità, se espletata, rimasta senza alcuna conseguenza.

Nel mese di Novembre fui sul punto di inviarLe una lettera, per descrivere anche a Lei una storia che potremmo definire di “ordinaria vergogna”. Non lo feci, pensando che sarebbe stato inutile. Ma le Sue parole e anche dichiarazioni “impegnative” di altri –fra questi il Presidente Prodi– mi hanno indotto ad una nuova fiducia… che spero non venga ulteriormente delusa.

Il Presidente del Consiglio, in merito a quel “funesto comma” della finanziaria, poi abrogato anche su Sua pronta richiesta, ebbe ad affermare «Abbiamo una politica [..] fondata sulla responsabilità di fronte al Paese di chi deve amministrare la cosa pubblica, una responsabilità aperta, chiara e trasparente».

Purtroppo, credo che tale senso di responsabilità sia oggi alquanto deficitario nel panorama politico/istituzionale italiano. Non a parole, ovviamente –visto che il richiamo alla buona amministrazione, alla trasparenza, alla responsabilità,… è sempre sulla bocca di tutti gli amministratori pubblici. Ma la realtà dei fatti è ben diversa.

Forse in troppi ritengono che la democrazia sia solo un complesso di prassi e di procedure, attraverso le quali tradurre la volontà di molti in scelte amministrative e politiche. Non sarebbe allora inutile se chi amministra la cosa pubblica e chi riveste cariche elettive ed istituzionali, rivisitasse ogni tanto il pensiero di Montesquieu.

Come tante autorevoli voci hanno più e più volte avvertito: “lo spirito della democrazia è stato avvelenato –e così l'onestà individuale e la volontà di perseguire disinteressatamente il bene comune. Le tossine del clientelismo, dell'affarismo, della corruzione, lo hanno malamente degradato”. Il malaffare si è trasformato in soggetto politico, grazie alla debolezza morale di molti politici, amministratori pubblici ed esponenti della “classe dirigente”.

Non posso purtroppo che concordare con chi ammonisce che una delle piaghe della nostra democrazia è che «siamo guidati da una classe politica ridotta ormai a casta autonoma che si autoriproduce e che non coglie le necessità reali di questo Paese» (Gianni Vattimo).

Generalizzare è certo un errore, ma l’esperienza di tanti anni non può che farmi stare dalla parte dei critici. E il silenzio e l’inazione seguiti alle mie denunce di tanti anni, è illuminante in proposito. Denunce portate all’attenzione di TUTTI : dai Sindaci, ai Consiglieri Regionali, al Presidente della Regione, al Prefetto, al Presidente della Repubblica.

Ho addirittura fatto la scelta che mi ha portato ad azzerare dal Luglio 2005 non solo il mio ruolo imprenditoriale, ma addirittura la mia attività professionale per dimostrare che non sono disponibile a piegare i miei diritti di Cittadino a nessun “gioco di potere”. Ma in una Società dove il GUADAGNO è IL VERBO e il condizionamento del “sistema di potere” tanto grande, si è preferito non vedere neppure la scelta da me fatta, proprio per evitare “noiose conseguenze”.

Ho allegato una sorta di “cronistoria” a questa lettera: fatti (e anche qualche inevitabile interpretazione dei fatti) che possono facilmente dare l’idea di come la cultura del Diritto e della Responsabilità sia minoritaria. Al punto che oltre a limitare i diritti di cittadini e di imprese private, si ledono anche i diritti dei più deboli : i malati. Le vicende raccontate descrivono, infatti, fra l’altro, quanto poco essi significhino e come si pieghino agli interessi personali, di gruppo e di schieramento politico-affaristico, anche le sofferenze dei malati di cancro.

Nella lettera del Marzo 2005 all’allora Presidente Ciampi, scrivevo :

La storia di “ordinaria vergogna” che posso raccontarLe, Signor Presidente, è di fatto anche la storia di decine e decine di malati che –sicuramente– sono morti perché l’interesse primo di troppi “amministratori pubblici” consiste nel mantenere in piedi quel sistema politico-affaristico che avviluppa la Società e la degrada, giorno dopo giorno. Un sistema che da anni combatto in sostanziale solitudine.

Ecco perché, dopo aver scritto lettere (mai lette) al Presidente Ciampi, oggi sono a scrivere a Lei, Signor Presidente. Perché è inaccettabile che si continui a far finta di niente.


Sinceri e rispettosi saluti.

(Fabrizio Frosini)


N. 5 Allegati : 1. Cronistoria Avvenimenti Ecomedica ; 2. lettera 8.11.06 al Presidente IV Comm. Consiglio Regionale della Toscana e altri Consiglieri; 3. mia lettera del 14.06.05 ; 4. lettera 1.3.93 Assessore Sanità Reg. Toscana; 5. lettera 8.1.93 Ministero Sanità a Reg. Toscana.