venerdì 30 maggio 2008

Frammenti, XC


Frammenti, XC

"Odi profanum vulgus et arceo / Favete linguis" , Orazio, Odi, XII (III)
"Volgus profanus odi et arceo" , Petronio Arbitro, Satyricon


Su ali d’insetto
Si posa il mio grido
–Indifeso

L’elicotrema risuona
Di vuoto)


Fabrizio Frosini


lunedì 26 maggio 2008

Campania. J'accuse.

PROVE DI REGIME..

quello che non avremmo mai voluto vedere..

FF



Datemi voce e spazio. Perché si sappia quello che è accaduto.

dal blog di Beppe Grillo :
http://www.beppegrillo.it/2008/05/campania_jaccus.html#comments


Campania. J'accuse.

Chiaiano_5.jpg


Signor Presidente della Repubblica Italiana,
permettetemi, grato, per la benevola accoglienza che un giorno avete fatto, di inviarmi la vostra approvazione per mia la raccolta di testimonianze sul precariato, di dirvi che la Vostra stella, se felice fino ad ora, è minacciata dalla più offensiva ed inqualificabile delle macchie. Ma quale macchia di fango sul Vostro nome, stavo per dire sulla Repubblica che rappresentate, soltanto quell'abominevole affare della Campania!
Per ordine di un Consiglio dei ministri, la gestione criminale dello smaltimento dei rifiuti in Campania degli ultimi venti anni è stata trasformata in un problema di ordine pubblico, ignorando la verità e qualsiasi giustizia. È finita, l’Italia ha sulla guancia questa macchia, la Storia scriverà che sotto la Vostra presidenza non è stato punito questo crimine sociale. E poiché è stato osato, oserò anche io. La verità, la dirò io, la chiederò io, poiché ho promesso di dirla e di cercarla, se la giustizia, regolarmente osservata non la proclamasse interamente. Il mio dovere è di parlare, non voglio essere complice. Le mie notti sarebbero abitate dallo spirito delle persone innocenti che espiano colpe non loro. Ed è a Voi signor Presidente, che io griderò questa verità.
Per prima cosa, la verità sulle discariche dei rifiuti industriali delle aziende del nord Italia sepolte in discariche abusive dalla Camorra. La verità sull’aumento dei tumori nel triangolo della morte di Nola, Acerra e Marigliano. La verità sulle sostanze radioattive, sui rifiuti cancerogeni scaricati alla luce del sole, in modo incessante, con i camion, dove le autorità non potevano non sapere. Emma Marcegaglia stanzi un fondo della Confindustria per la bonifica a carico delle aziende che hanno inquinato la Campania, se così non fosse, sia lo Stato a ricercare i responsabili, a liquidare le loro aziende e destinare i proventi a un Commissariato sotto la Sua autorità.
Per seconda cosa, la verità sulle connivenze tra la Camorra e le istituzioni in Campania, sulla gestione dei politici che hanno devastato la Sua regione in questi anni, sulle assunzioni clientelari, sulle coperture di partito bipartisan, sulla mancata destituzione del Presidente della Regione Antonio Bassolino, sotto processo per il ruolo di commissario per l’emergenza rifiuti insieme a Pier Giorgio Romiti, ex amministratore delegato della Impregilo e ad altri nomi eccellenti. La verità sulla mancata destituzione di Rosa Russo Jervolino, sindaco di Napoli, alla quale si può imputare, senza ombra di dubbio, una totale incapacità come amministratrice per l’emergenza rifiuti. La verità sulla mancata ricerca dei responsabili delle decine di società di smaltimento dei rifiuti, così vicini ai politici e per questo inamovibili. La verità sulla loro mancata sostituzione di fronte all’evidenza del disastro annunciato.
Per terza cosa, la verità sui fondi europei, sui miliardi di euro destinati alla Campania in questi molti anni. La verità sul loro ammontare, sulla loro destinazione, sul loro utilizzo, su chi li ha gestiti, sui depuratori non funzionanti e, forse, neppure avviati, sulle bonifiche dei siti inquinati mai portate a termine, sulle strutture inesistenti per la raccolta differenziata, sugli impianti per il riciclo di carta, vetro, plastica che dovrebbero esserci, ma non ci sono.
Solo dopo l’accertamento di queste verità, si potrà procedere a porre sotto segreto di Stato le discariche, a militarizzare la Campania, a inviare la Polizia contro i cittadini, anche a manganellarli, se necessario. Solo dopo l’accertamento di queste verità si potrà pretendere dai campani un comportamento rigoroso, ispirato alla correttezza civile senza alcuno sconto verso le Istituzioni e verso la propria coscienza. Solo dopo l’accertamento di queste verità, caro Presidente, solo dopo la cacciata dei primi responsabili politici dello sfascio, si potranno chiedere sacrifici ai cittadini, prima si devono porgere loro le scuse dello Stato che non ha saputo proteggerli e che oggi li criminalizza.
Quanto alla gente che accuso, non ho contro di loro né rancore né odio. Sono per me solo entità, spiriti di malcostume sociale. E l'atto che io compio non è che un mezzo per accelerare l'esplosione della verità e della giustizia. Ho soltanto una passione, quella della luce, in nome dell'umanità che ha tanto sofferto e che ha diritto alla felicità. La mia protesta infiammata non è che il grido della mia anima.
Vogliate gradire, signor Presidente, l'assicurazione del mio profondo rispetto.”

(Beppe Grillo)

Lettera liberamente ispirata a "J'accuse" di Emile Zola.


Chiaiano/Italia 2

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Clicca l'immagine

Una lettera da Chiaiano.

"Datemi voce e spazio perché sui giornali di domani non si leggerà quello che è accaduto. Si leggerà che i manifestanti di Chiaiano sono entrati in contatto con la polizia. Ma io ero lì. E la storia è un'altra. Alle 20 e 20 almeno 100 uomini, tra poliziotti, carabinieri e guardie di finanza hanno caricato la gente inerme. In prima fila non solo uomini, ma donne di ogni età e persone anziane. Cittadini tenaci ma civili - davanti agli occhi vedo ancora le loro mani alzate - che, nel tratto estremo di via Santa Maria a Cubito, presidiavano un incrocio.
Tra le 19,05 e le 20,20 i due schieramenti si sono solo fronteggiati. Poi la polizia, in tenuta antisommossa, ha iniziato a caricare. La scena sembrava surreale: a guardarli dall'alto, i poliziotti sembravano solo procedere in avanti. Ma chi era per strada ne ha apprezzato la tecnica. Calci negli stinchi, colpi alle ginocchia con la parte estrema e bassa del manganello. I migliori strappavano orologi o braccialetti. Così, nel vano tentativo di recuperali, c'era chi abbassava le mani e veniva trascinato a terra per i polsi.
La loro avanzata non ha risparmiato nessuno. Mi ha colpito soprattutto la violenza contro le donne: tantissime sono state spinte a terra, graffiate, strattonate. Dietro la plastica dei caschi, mi restano nella memoria gli occhi indifferenti, senza battiti di ciglia dei poliziotti. Quando sono scappata, più per la sorpresa che per la paura, trascinavano via due giovani uomini mentre tante donne erano sull'asfalto, livide di paura e rannicchiate. La gente urlava ma non rispondeva alla violenza, inveiva - invece - contro i giornalisti, al sicuro sul balcone di una pizzeria, impegnati nel fotografare.
Chiusa ogni via di accesso, alle 21, le camionette erano già almeno venti. Ma la gente di Chiaiano non se ne era andata. Alle 21.30, oltre 1000 persone erano ancora in strada. La storia è questa. Datemi voce e spazio. Perché si sappia quello che è accaduto. Lo stato di polizia e l'atmosfera violenta di questa sera somigliano troppo a quelli dei regimi totalitaristi. Proprio quelli di cui racconto, con orrore, ai miei studenti durante le lezioni di storia".

Elisa Di Guida, docente di Storia e Filosofia - Napoli


domenica 25 maggio 2008

Fucecchio : democrazia zoppa..




Domenica 25 Maggio: raccolta firme a Fucecchio, per i referendum del V2-Day


Ciao ragazzi, è stato un piacere conoscervi; forse sarebbe stato meglio farlo in altre situazioni, perché a Fucecchio è stato veramente deludente. Le istituzioni ci hanno segregato ai margini della rotatoria centrale di Fucecchio dove la gente è solo di passaggio , per lo più con l'auto. In paese c'era posto. Piazza Montanelli, dove c'erano quattro bancarelle, era vuota: altro che banchetto ci sarebbe stato. Ma potevamo essere stati collocati anche in fondo a via Donateschi.. o anche altrove , purché visibili. Inserisco le foto fatte su PHOTOS/varie (Meetup Empoli). Alla prossima. Ciao.
Ennio (Meetup Empoli)




Hai ragione, Ennio.

Ci hanno volutamente MARGINALIZZATO, in modo da limitare al massimo la nostra visibilità!

Scriverò al sindaco e ai capogruppo delle forze politiche presenti in consiglio comunale, denunciando il comportamento antidemocratico tenuto dal comune di Fucecchio .

N.B.: già avevano tentato di impedirci di raccogliere le firme, sostenendo che il tavolo poteva essere autorizzato solo se ci fossimo limitati a dare ai cittadini l'indicazione di firmare in comune!

Il testo della lettera lo inserirò sul blog di Grillo e lo invierò per conoscenza ai giornali (anche se dubito che riportino la notizia).

Qui, ora, assumiamo comunque un impegno: il prossimo anno dobbiamo presentare la Lista Civica anche a Fucecchio!

Fabrizio Frosini



Egregio Sig. Sindaco,


E p.c.:


Sig. Presidente del Consiglio Comunale,

Sig.ri Capogruppo, Forze politiche rappresentate in Consiglio Comunale,


Comune di Fucecchio


La presente per portare a Vs conoscenza un fatto che ci auguriamo vivamente non accada più, per il rispetto che si deve a tutti i cittadini in virtù di quei principi e valori democratici che devono caratterizzare tutte le articolazioni della società di un Paese civile, ed in particolare le così dette” istituzioni repubblicane”.

Attraverso un iscritto a questo Meetup (che conta attualmente circa 160 iscritti, in gran parte residenti nei comuni di quest’area), avevamo chiesto il permesso di tenere, in data 25 Maggio, un tavolo per la raccolta firme a supporto della proposta dei 3 referendum per una LIBERA INFORMAZIONE IN LIBERO STATO (: 1. Abrogazione Legge Gasparri ; 2. Abolizione Finanziamenti pubblici all’editoria ; 3. Abolizione Ordine dei giornalisti).

Con nostra domanda del 16 Maggio chiedevamo pertanto l’utilizzo di 4 mq di suolo pubblico in Corso Matteotti (o comunque un’area del centro interessata dall’evento pubblico denominato ”infiorata”, manifestazione di richiamo per tante persone).

Con stupore ci siamo visti invece “concedere” uno spazio nella deserta P.zza XX Settembre, con la giustificazione dell’assenza di spazi in centro, ma in realtà con il chiaro fine di emarginarci e tenerci lontani dalla zona di massimo afflusso, in quanto le foto da noi scattate il 25 mattina dimostrano che di spazi in centro ve ne erano ben più che a sufficienza ).

La nostra interpretazione sulla “strumentalità” di tale scelta è del resto rafforzata da quanto accaduto precedentemente alla formalizzazione della domanda, essendoci stato fatto presente che avremmo potuto tenere un tavolino NON per raccogliere le firme, ma solo per informare i cittadini che avrebbero potuto firmare presso il Comune (!?) : comportamento che nulla ha a che spartire con quei principi e valori democratici cui ci siamo sopra riferiti.

Alla luce di tale situazione e nella considerazione che rendere più viva e cogente l’implementazione di una sempre maggiore democrazia nel “sistema” sia un dovere civico primario, ci siamo convinti che la presenza di nostre Liste Civiche alle amministrative del prossimo anno sia non solo utile ma doverosa. Opereremo pertanto per concretizzare tale proposito anche a Fucecchio.

Con molti cordiali saluti

Fabrizio Frosini

(Meetup Amici Beppe Grillo Empoli)

venerdì 23 maggio 2008

A 16 anni dalla morte di Falcone..



23 maggio 1992, autostrada A29 Palermo-Trapani, svincolo di Capaci. Cinque quintali di tritolo esplodono per ordine di Totò Riina, per mano di Giovanni Brusca. Si spegne per sempre, senza possibilità di appello, la vita di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e della scorta.

Giovanni Falcone ha sacrificato la sua vita per lo Stato; era un’anomalia palermitana, era uno spietato persecutore del crimine organizzato, sentiva il bisogno di lottare contro la mafia, sentiva la necessità impellente di sacrificarsi alla causa.

Giovanni Falcone aveva un senso del dovere smisurato, credeva nella possibilità di liberare quella sua disgraziata terra dal cancro della mafia, credeva nella possibilità di costruire una società giusta, una società in cui lo stato sarebbe stato in grado di proteggere i propri cittadini e la credibilità delle proprie istituzioni.

Diceva: “Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell'esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell'amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere”.

Era un uomo d’onore, riusciva ad attirare a sé le persone, le calamitava. Giovanni Falcone ha avuto il coraggio di portare avanti una lotta pericolosa, sapendo perfettamente che la sua esistenza sarebbe rimasta segnata per sempre.

Giovanni Falcone è morto ammazzato dalla mafia, abbandonato dallo stato, ossia da chi avrebbe dovuto proteggerlo...

Andrea Sferrella , giovedì 22 maggio 2008 , 21:18



Per ricordare Giovanni Falcone nel 16° anniversario della strage di Capaci : lettera aperta della Redazione del Circolo Culturale della Strada Persa, tratta dal sito web di Salvatore Borsellino : http://www.19luglio1992.com/

Una guerra solitaria


Scritto da : Circolo Culturale Strada Persa
giovedì 22 maggio 2008 13:20


Una guerra solitaria

Caro Giovanni,
una lettera aperta è forse una cosa sciocca in questo caso, ma è un modo come un altro per renderti omaggio nella ricorrenza della tua terribile e prematura fine, avvenuta proprio oggi, sedici anni fa. Sentivamo il bisogno di scriverti questa lettera perché, come molte persone che non ti hanno mai dimenticato, sappiamo di dover tramandare quest’oggi la tua eredità ed il tuo pensiero, e fare in modo che, per quanto possibile, la nobile lotta per la quale hai offerto la tua stessa vita non risulti vana.

“…la mafia è un fenomeno umano, e come ogni fenomeno umano ha un inizio e una fine: questo mi dà il conforto di sapere che prima o poi riusciremo necessariamente a sconfiggerla…”

“…la mafia è un’organizzazione criminale unitaria e verticistica, rigidamente gerarchizzata, che conta appoggi nella criminalità organizzata, nonché nell’imprenditoria, nella società civile e nelle istituzioni…”

Studiare i tuoi scritti e ripercorrere le vicende della tua professione è stato per noi un momento di crescita fondamentale, e per certi versi illuminante. Leggendo le tue parole abbiamo capito che decenni di onesto e coraggioso lavoro di magistrato antimafia ti avevano donato una conoscenza di Cosa Nostra assolutamente profonda e rara. Le tue idee superavano molti dei luoghi comuni che circondano questo cancro della nostra società, quasi a volerlo rendere benigno, e quindi meno intollerabile: tu avevi scoperto ed avevi capito cose talmente sconvolgenti che avrebbero fatto vacillare e forse crollare la democrazia italiana, sotto il peso dei suoi segreti impronunciabili. Avevi capito, ed oggi lo realizziamo anche noi, che ci sono cose che non si possono dire. Sono delle zone grigie, dei misteri insondabili che adombrano questo Belpaese, dei quali è meglio non parlare perché a farlo si rischia di finire al manicomio, se non al cimitero.

Ed una di queste zone grigie è proprio quella che circonda l’eterna lotta tra lo Stato e la mafia, la guerra suprema per il prevalere della legalità sulla criminalità organizzata. Così viene chiamata, e così uno se la immagina: come una guerra, in cui due potenze si scontrano e alla fine soltanto una prevale. Ma in verità, se ci si ferma a riflettere sui fatti storici che hanno segnato, negli ultimi trent'anni, la storia di questo interminabile conflitto, si scoprono degli episodi che a tutto fanno pensare fuorché ad uno Stato realmente interessato a debellare Cosa Nostra. Troppi fatti inquietanti hanno segnato questa ambigua lotta.

Basta ricordare la Procura di Palermo degli anni ‘80, il “palazzo dei veleni”, nel quale tu operasti per anni, dove un misterioso Corvo recapitava ai colleghi lettere minatorie anonime, aggirandosi nei meandri del pool antimafia per capirne le strategie e spifferarle ai suoi referenti di Cosa Nostra.
Basta ricordarsi del maxi-processo svoltosi a Palermo nel 1985, da te fortemente voluto ed istruito con uno sforzo sovrumano, e ricordare il modo in cui il suo potenziale contraccolpo sul sistema politico venne disinnescato impedendoti di succedere a Caponnetto alla direzione del pool antimafia, e designando invece “dall’alto” a tale ruolo Antonino Meli. Un uomo onesto, senza dubbio, che però fece regredire il lavoro del pool di decenni, rinunciando ad ogni velleità di alzare il tiro delle indagini a livello istituzionale.

Vedi, ormai andiamo convincendoci che i magistrati non sono tutti uguali: ci sono magistrati giusti e magistrati sbagliati, e tu e il tuo amico Paolo Borsellino eravate magistrati sbagliati, scomodi, perché non vi stava bene che le indagini si fermassero ogni volta al boss siciliano di turno, senza percorrere le innumerevoli piste mafiose che portavano alla Palermo bene, agli studi di liberi professionisti, ai nomi di rispettabili imprenditori, o a Montecitorio.

Concepivate la giustizia come un concetto perfetto ed assoluto: se la si vuole, la si deve cercare sino in fondo, senza fermarsi davanti alla lussuosa porta dello studio di un onorevole. Un pensiero così, non è difficile capirlo, era una mina vagante per quello stesso sistema legale che voi due rappresentavate. Tu e Paolo eravate due maestri dell’antimafia: conoscevate il vostro nemico così bene che eravate perfino arrivati a scoprire tutti i suoi stretti intrecci con la massoneria, lo Stato ed i servizi segreti.

Per questo vi fecero fuori: va bene tutto, va bene la giustizia, però a un certo punto alt, certi coperchi non li si può sollevare. La ragion di stato viene sempre e comunque prima della giustizia.

Per questo è sempre meglio che anche in magistratura, nei posti che contano, ci siano le persone giuste, gente inoffensiva: come li ha definiti Marco Travaglio nel suo libro Intoccabili, “gli specialisti delle carte a posto”. In quella Procura spaccata e sordida di veleni è ormai chiaro che qualcuno combatteva per la legalità pura e per lo Stato di diritto, mentre qualcun altro rispondeva ad ordini politici superiori, mimetizzandosi nella suddetta zona grigia.

Diventano quindi chiare e logiche le infami campagne di delegittimazione con cui ti colpirono quando pretendesti di approfondire i legami occulti mafia-politica interrogando a 360° il super pentito Tommaso Buscetta, il quale lasciò intendere che di legami Stato e mafia ne avevano sempre avuti, e forti, anche; salvo poi riservarsi di non fare nomi, poiché sapeva che ciò avrebbe comportato la tua condanna a morte. Ma di chi temeva la reazione Buscetta, se voleva difenderti dalla politica italiana? Chi tra i politici aveva interesse a che l’operato del pool fosse mantenuto low profile, per non scomodare interessi di Stato? Che cosa sapeva, Buscetta, di così sconvolgente da non poter essere detto? “Dottor Falcone, ci sono delle cose che io so ma non posso dirle, perché se gliele dicessi finiremmo entrambi al manicomio”, ti disse una volta Buscetta.

Eccole ritornare, le cose che non si possono dire: e chi si ostinava a dirle nonostante tutto allora era proprio un rompicoglioni, anzi una minaccia da eliminare ad ogni costo, prima che scoperchiasse verità sconvolgenti. Ecco perché decretarne l’isolamento, il ripudio, la diffamazione, la delegittimazione, che in un contesto come quello in cui tu e Paolo operavate equivaleva ad una condanna a morte. Un isolamento decretato proprio dallo stesso establishment politico-informativo che, subito dopo le stragi, si affrettò a riabilitarvi pubblicamente distribuendo tardive medaglie al valorcivile, grondanti retorica ed ipocrisia, poiché provenienti da quello stesso Stato che fino a un mese prima vi aveva osteggiati e denigrati in ogni modo. Un modo come un altro per dimostrare che in realtà le istituzioni apprezzavano Falcone e Borsellino, e ne rimpiangevano l’orrenda fine: ma appuntare sui vostri petti dilaniati la medaglia al valor civile è stato solo l’ultimo affronto, forse il più vergognoso, perché perpetrato al solo fine di salvare la faccia allo Stato, quando voi non eravate più in grado di ribellarvi.

A ricordare tutto questo, e le altre decine di morti forse meno celebri come Rocco Chinnici e tanti altri, di fronte all’evidenza dei fatti storici diviene logica ed ineludibile la conclusione che Stato e mafia non sono affatto poteri distinti ed antagonisti, ma costituiscono invece un duopolio inscindibile di potere ed interessi economici, che trova fisiologica espressione non nello scontro frontale, bensì nella negoziazione e nell’appoggio reciproco.

Del resto fu proprio per essersi rifiutato di piegarsi alla “trattativa” con Cosa Nostra (intavolata dalle istituzioni subito dopo il tuo attentato) che venne infine eliminato anche Paolo Borsellino, il quale con la sua integrità rappresentava un fastidioso ostacolo a quelle liaisons dangereuses.

È una triste ma irrefutabile verità, che tra lo Stato italiano e la mafia sono esistiti dei gravi rapporti collusivi, in virtù dei quali vi erano politici italiani che intrattenevano amichevoli rapporti con Cosa Nostra, e rappresentanti di quest’ultima che d’altro canto avevano sicuri referenti nelle istituzioni italiane, che ne curavano gli interessi e li tenevano al riparo da reazioni repressive dello Stato che potessero veramente danneggiarli.

L’esistenza del cosiddetto “terzo livello” della gerarchia mafiosa, ossia quello istituzionale, per dimostrare l’esistenza del quale tu e gli altri martiri deste la vita, appare oggi come una verità inconfutabile.

Non fu affatto guerra, né conflitto tra Stato e mafia, bensì una crociata solitaria, una tragica e solitaria guerra condotta da pochi uomini valorosi che non tolleravano di prendere ordini da nessuno, se non dal principio di legalità e di indipendenza della magistratura.

Di conseguenza appare ormai chiaro che la sconvolgente tesi dei “mandanti occulti” delle stragi di Capaci e via D’Amelio, in base alla quale l’ordine di morte per te e Paolo sarebbe partito non da Cosa Nostra ma da più su, dai disegni di qualche “mente raffinatissima”, è più che una semplice ipotesi.

Tu avevi già capito tutto, e anche Paolo, che nei giorni prima di morire ripeteva ai familiari e agli amici “È arrivato a Palermo il tritolo per me. E può anche darsi che a farmi saltare in aria sia la mafia, ma alla fine chi avrà ordinato la mia morte saranno altri.”

Ma ci sono cose che non si possono dire, e questa è una di quelle. Verrebbe da dimenticarsela proprio, perché a pensarla c’è da impazzire, oppure emigrare a ventimila chilometri da qui, lontano da questa palude marcia di corruzione, faide e disonestà che è diventata l’Italia. Oppure prenderne atto, continuare ad impegnarsi per diventare un magistrato sbagliato e provare a muovere guerra, un giorno, a questa orrida distopia.

Non è semplice, di certo, ma lo è un po’ di più quando lo si può fare stando sulle spalle di maestri come te, Paolo, Rocco e tutti quelli che sono venuti prima di noi, a dare il loro contributo.

In questo triste giorno che commemora la tua fine, ripensando a te e a tutto ciò che hai fatto per questo paese che non ti meritava, ci viene in mente la frase che pronunciasti quando già avevi capito di avere i giorni contati, e sapevi che presto ti avrebbero eliminato:

Possono uccidere gli uomini, ma non possono uccidere le nostre idee: quelle sopravvivranno sempre, e continueranno a vivere e a camminare sulle gambe di chi verrà dopo di noi.”

E ancora una volta avevi ragione. Forse, paradossalmente, è stata proprio la mafia a renderti giustizia uccidendoti.

Grazie Giovanni per quello che hai fatto per tutti noi. Prestare alle tue idee le nostre gambe, ora, per farle camminare ancora a lungo e portarle lontano, è il minimo che possiamo fare.

La Redazione del Circolo Culturale della Strada Persa
www.stradapersa.blogspot.com




IERI SUCCEDEVA QUESTO...

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OGGI NON E' CAMBIATO NULLA





MA NOI NON DIMENTICHIAMO..

NE' SIAMO DISPOSTI A PIEGARCI..



Saluti a tutti
Fabrizio Frosini

giovedì 22 maggio 2008

Raccolta firme referendum : tavolo 11 Maggio

Domenica 11 Maggio siamo tornati in centro, a Empoli, per continuare a raccogliere le firme a sostegno della proposta di referendum per una LIBERA INFORMAZIONE IN LIBERO STATO.

Con due novità :

1. raccolta firme per sostenere la proposta di conferimento a Pino Masciari della cittadinanza onoraria di Empoli : http://pinomasciari.org/ ;

2. presentazione, ai cittadini, della “Moneta Locale Complementare” (SCEC) altresì detta "Buono Locale di Solidarietà" : www.arcipelagotoscana.org

I video mostrano momenti della raccolta firme al tavolo dell'11 maggio

martedì 20 maggio 2008

Arrivare alla Verità? Un vero Travaglio..

passaparola


Il termine democrazia deriva dal greco δήμος (démos): popolo e κράτος (cràtos): potere, ed etimologicamente significa governo del popolo.

Il concetto di democrazia non è cristallizzato in una sola versione o in un'unica concreta traduzione, ma può trovare ed ha trovato la sua espressione storica in diverse espressioni ed applicazioni, tutte caratterizzate peraltro dalla ricerca di una modalità capace di dare al popolo la potestà effettiva di governare.

Sul moderno concetto di democrazia hanno avuto grossa influenza le idee illuministe, le rivoluzioni del XIX secolo, in particolare la Rivoluzione francese con il suo motto di libertà, uguaglianza e fratellanza. Sia la carta costituzionale americana del 1787 che quella francese del 1791 vertevano sul principio della separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario). Il suffragio universale, il primato della costituzione e la separazione dei poteri sono le basi della democrazia rappresentativa.

Un'altra importante caratteristica delle democrazie moderne è la separazione tra Stato e Chiesa, cioè l'indipendenza da tutte le religioni. Questo principio è strettamente connesso con quello della laicità dello stato.

In seguito si è diffuso il concetto che una democrazia moderna debba avere anche una stampa libera. (da Wikipedia)

Una Democrazia è quella forma di governo della società che maggiormente può garantire diritti e doveri armonicamente condivisi.


LIBERA STAMPA IN LIBERO STATO !



Notizie da una Democrazia certo migliore della nostra :

Barack Obama, speranza d'America

Our Biggest Rally Yet -- Portland, Oregon

Watch this video of the 75,000 people who joined Barack and his family for a rally in Portland, Oregon. Then take action to help grow our grassroots
movement for change.

domenica 18 maggio 2008

NON ACCETTIAMO IPOCRISIE..

Se non ci fosse lui.. l'Antonio nazionale.. che "opposizione" avremmo..?

OMAGGIO A DI PIETRO :




Dovremmo forse affidarci a quella sorta di "opposizione" che si esprime nelle ipocrisie, nella praxi e nei rituali mafiosi dei "padrini" politici/affaristi toscani..?

No, grazie. Meglio morti che venduti..


Grazie Di Pietro.. Vieni a darci una mano anche in Toscana : per far riacquistare dignità a questa regione - definita "felix" dal gruppo politico più longevo d'Italia..

Già, Felix: come un gatto da laboratorio sul quale da decenni si sperimenta un'aberrante pseudocultura democratica..

Antonio, continua così..

Dal sito web di Antonio Di Pietro :

17 Maggio 2008

Ballarò

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Lo scorso 13 maggio sono stato ospite di Giovanni Floris alla trasmissione Ballarò. Pubblico alcuni miei interventi su immigrazione e sicurezza, l'abolizione dell'ICI e lotta all'evasione fiscale, argomenti sui quali questo governo non ha alcuna credibilità e sui quali beneficierà del buon lavoro svolto nel breve tempo del governo Prodi.
(Antonio Di Pietro)


16 Maggio 2008

11 - Padania ladrona

Riporto un brano tratto da "Mani Sporche", libro pubblicato da Chiarelettere e scritto da Barbacetto, Gomez e Travaglio, dal titolo "Padania ladrona'" (pag.289).

"I seguaci di Bossi hanno un problema: la Popolare Credieuronord, una piccola banca creata nel dicembre 2000 per "ritrovare i valori tipici della credibilità e della collaborazione del Nord". A finanziarla, dopo una campagna a tappeto nelle sezioni del partito, è stato il popolo leghista. Ma già nel 2003 la banca del Carroccio è a un passo dal fallimento. Il bilancio si chiude con 8 milioni di euro di perdite e 12 di sofferenze su 47 impieghi. Un brutto guaio, soprattutto perchè l'azienda è nata e cresciuta come una tasca della politica. Nel consiglio di amministrazione siedono i sottosegretari leghisti Maurizio Balocchi (Interno), Alberto Brambilla (Welfare), Stefano Stefani (Attività produttive), ma anche il deputato varesino Giancarlo Giorgietti, pupillo di Bossi e presidente della commissione Bilancio alla Camera. Insomma, se scattasse la bancarotta, sarebbe un duro colpo per il Carroccio. E se poi partono le inchieste giudiziarie, la situazione potrebbe ancor più aggravarsi. Attraverso la Credieuronord sono stati infatti riciclati 13 milioni di euro provenienti da una gigantesca truffa organizzata dai proprietari della - un tempo mitica - Radio 101 e da una commercialista, Carmen Gocini, ai danni di alcune procedure fallimentari del Tribunale milanese. Miliardi rubati e poi, come sosterrà la Procura di Milano, ripuliti grazie alla complicità dei vertici operativi della banca. Operazioni analoghe sono state condotte da vari personaggi legati ai "Cobas del latte", gli allevatori vicinissimi alla Lega che non volevano pagare le multe dell'Unione Europea per aver prodotto latte in eccedenza. Se esplode il bubbone Credieuronord, si fanno male in tanti. Meglio coprire tutto e tentare di metterci una pezza. Il salvatore, per i leghisti, si chiama Fiorani.
Con lui il Carroccio ha legami antichi: la scuola leghista di Varese e il prato di Pontida, quello che ogni anno si riempie di bandiere verdi per i comizi del Senatùr, sono stati acquistati con soldi della Popolare di Lodi: per un totale, tra i fidi e finanziamenti, di 10 milioni di euro, più un altro milione proveniente dalla Popolare di Crema (controllata dalla Lodi). tutti soldi ottenuti offrendo in pegno la storica sede milanese del partito di via Bellerio. Operazioni regolari, ma sintomatiche di un rapporto preferenziale, che ora viene sfruttato a fondo per evitare il crac di Credieuronord. Fiorani riesce a tenere in piedi la banchetta con una complicata operazione finanziaria. In cambio, ottiene la retromarcia della Lega sul governatore. Il 3 febbraio 2005 Maroni comunica ufficialmente che la Lega non mette più in discussione il mandato a vita di Fazio. E' la tomba della legge sul risparmio.
Sarà Fiorani, davanti ai pm milanesi, a raccontare anche questo patto con la Lega: salvataggio della banca in cambio del salvataggio del governatore."
(Antonio Di Pietro)


15 Maggio 2008

Non vogliamo ipocrisia

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Riporto il video dell'intervista rilasciata a RepubblicaTv, oggi 15 maggio 2008, dove rispondo alle domande degli spettatori.
(Postato da Antonio Di Pietro in )


La parzialità dell'Agcom

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Contro Travaglio ed Anno Zero si manovra per non disturbare il manovratore. L’istruttoria avviata dall’ Agcom (quanto mai tempestiva) è solo l’ultimo tentativo per fermare chi ha ancora il coraggio di raccontare i fatti ,anche se sgraditi alla casta dei politici. Insomma verrebbe da dire: colpirne uno per addormentare la coscienza critica di cento.

Ancora non è chiaro quali sarebbero i capi d’imputazione per Travaglio, visto che ha solo raccontato fatti già noti e per i quali non si era levata alcuna indignazione. Episodi su cui molti cittadini, grazie all’informazione che hanno ricevuto, possono ora farsi un’opinione e giudicare liberamente.

L’Autority delle comunicazioni farebbe bene a spiegare come mai, solo in questa occasione, ha così prontamente e mirabilmente vigilato, mentre in tante altre occasioni è parsa “disattenta” tanto che a vigilare ci hanno dovuto pensare altri.
(Antonio Di Pietro)


14 Maggio 2008

IdV: unica opposizione

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Pubblico il video ed il resoconto stenografico della dichiarazione di voto dell’Italia dei Valori per la fiducia al Governo, fiducia che non è stata data. Il mio discorso ha reso palese un fatto importante: esiste un’unica opposizione, quella dell’Italia dei Valori.

Antonio Di Pietro: Vorrei dirle con il sorriso sulle labbra, signor Presidente del Consiglio, che mai avrei immaginato, di trovarmi per la seconda volta a dare un giudizio sul suo Governo. La prima volta mi è capitato quando mi ha offerto di fare il Ministro dell'interno e non ho abboccato. Poi se l'è scordato, perché lei è abituato a dimenticare, quando le cose non le fanno piacere
(Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Una voce dai banchi del gruppo Italia dei Valori: «Lasciate parlare!»).

Gianfranco Fini: Prego di non interrompere. Lasciate esprimere all'onorevole Di Pietro la sua opinione.

Antonio Di Pietro: Quindi, signor Presidente del Consiglio, lasci che anche oggi - con il sorriso sulle labbra, ma sempre a testa alta - le diciamo: «noi no, noi dell'Italia dei Valori non abbocchiamo!» Noi dell'Italia dei Valori non intendiamo cadere nella tela del ragno che lei, ancora una volta, sta tentando di costruire con pacche sulle spalle, come ha detto lei: «volemose bene, va' che ce la famo». Lo dica agli altri, non lo dica a noi dell'Italia dei Valori! Infatti, noi dell'Italia dei Valori abbiamo memoria e soprattutto non intendiamo perdere la memoria.
Noi conosciamo la sua storia personale e politica e conosciamo bene anche la sua storia...
(Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

Gianfranco Fini: Onorevole Di Pietro, la prego di proseguire e prego ancora i colleghi di non interrompere gli oratori.

Antonio Di Pietro: E soprattutto conosciamo bene la sua storia personale e giudiziaria e quella dei tanti...
(Vivi Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

Antonio Di Pietro: Signor Presidente della Camera, darmi la possibilità di parlare è un suo compito.

Gianfranco Fini: Onorevole Di Pietro, lei non è nuovo di quest'Aula e sa che è abbastanza naturale che ci sia, nei limiti...

Antonio Di Pietro: Solo quando riguarda me, però.

Gianfranco Fini: Ovviamente dipende unicamente da ciò che si dice
(Applausi dei deputati dei gruppo Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)...

Gianfranco Fini: .. fermo restando che ho già invitato la parte destra dell'emiciclo a non interromperla. Prego, onorevole Di Pietro, continui.

Antonio Di Pietro: Ha ragione signor Presidente della Camera, dipende da quello che si dice: non bisogna disturbare il manovratore!
(Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico)
Ma noi dell'Italia dei Valori conosciamo la storia anche dei suoi tanti dipendenti e sodali che si è portato in Parlamento con sé a titolo di ringraziamento per i favori e le omertà di cui si sono resi complici. Noi dell'Italia dei Valori conosciamo bene le sue bugie e la sua capacità di distorcere la verità dei fatti.

Antonio Di Pietro: Soprattutto conosciamo bene la tela sul controllo dell'informazione e sul sistema di disinformazione che ha messo in piedi (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico). Soprattutto conosciamo la disinformazione che ha posto e ha fatto porre in essere per far credere che la colpa dei mali dell'Italia non sarebbe di chi li ha commessi ma di chi li ha scoperti.
Lei ha mentito a ripetizione nel corso della sua carriera politica e da ultimo ha fatto credere agli italiani di aver lasciato l'ultima volta il Governo con i conti in ordine, mentre invece ha truccato le carte fin quando l'Unione europea non l'ha scoperto e sanzionato, e quel povero Prodi si è dovuto far carico di far quadrare i conti e ne ha pagato le conseguenze (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della libertà).
Lei, signor Presidente del Consiglio, spesso - ed ancora ieri - ha detto di ringraziare e apprezzare il lavoro dei giudici. Ma va! È un falso storico, signor Presidente: lei odia i giudici indipendenti che fanno il loro dovere, a lei quei giudici fanno orrore! Lei vuole solo una giustizia forte con i deboli e debole con i forti!
(Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della libertà)
Lei vuole solo una giustizia che fa comodo a lei, una giustizia a suo uso e consumo, e quando non le basta si fa le leggi apposta per fare in modo che la giustizia funzioni come dice lei.
Lei è in conflitto di interesse con se stesso e nulla vuole fare per risolverlo. Così ancora oggi nessuno di noi può sapere, quando decide qualcosa, se lo fa per sé o per gli altri, e quali altri poi. Lei non ci ha detto ieri come intende risolvere il conflitto di interesse, anzi ce lo ha detto con il suo silenzio: non intende risolverlo.
Lei ieri ha descritto un Paese di sogni e di balocchi, in un esercizio di equilibrismo per farci stare dentro tutti: nord e sud, poveri e ricchi, imprenditori, lavoratori e parti sociali deboli, pacifisti e guerrafondai, rigoristi e scialacquatori. Insomma, ha fatto solo un discorso furbo per cercare di imbavagliare l'opposizione. Ma noi non abbocchiamo.
Lei dice di volere il dialogo...

Antonio Di Pietro: ... ma noi crediamo che lei voglia un dialogo ad una voce sola: la sua. E chi non la pensa come lei è solo un qualunquista, un forcaiolo, un populista; insomma un disturbatore da isolare e condannare.
Lei dice di volere una giustizia che funzioni, lo ha ripetuto anche in questi giorni. Ma come può funzionare - di grazia - una giustizia con le leggi ad personam che si è fatto fare nella scorsa legislatura? Come può funzionare un libero mercato, che lei dice di volere, quando ci sono falsificatori di bilanci - che lei conosce molto bene, a lei molto vicini - che grazie alle leggi fatte fare da lei e dal suo Governo oggi possono stare ancora liberi in giro per l'Italia?
Lei dice che vuole combattere l'evasione fiscale, ma intanto ogni giorno se ne inventa una, nel corso del processo che la riguarda a Milano, per ritardare i tempi della giustizia che la riguarda.
Lei dice che vuole combattere la criminalità organizzata, ma la criminalità organizzata oggi si combatte prevedendo ferree leggi e decisi interventi sull'evasione fiscale, sul falso in bilancio, sulla contiguità esistente e persistente tra politica e mafia, sulla non candidabilità delle persone condannate. Se lo ricordi questo leitmotiv, perché lo sentirà per tutta la legislatura
(Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Sono tutte questioni chiave su cui lei si è ben guardato dal prendere posizione.Certo, lei ha più volte teso la mano all'opposizione, a quell'opposizione che pensa di ingraziarsi ammiccando un po' di più. Io non credo che il Partito Democratico, che è un partito che ha la sua storia, ha un suo passato, cadrà nel trabocchetto, né ci cadremo noi dell'Italia dei Valori.
Noi crediamo che fare opposizione vuol dire innanzitutto riscrivere la verità rispetto alle disinformazioni che lei ha portato avanti in questi anni nel nostro Paese. L'opposizione ideale che vuole lei è quella di un'opposizione morbida che non denuncia, non alza i toni, non fa battaglie anche dure per il rispetto delle regole democratiche, insomma un'opposizione di Governo. Noi questa opposizione non la faremo, né crediamo che la faranno gli amici del Partito Democratico, perché una cosa è ascoltarla, un'altra è venirle appresso.
Insomma, sappia signor Presidente del Consiglio che da oggi esiste ed esisterà un'opposizione forte, decisa e senza compromessi, fatta di critiche, ma anche di proposte costruttive, che è quella dell'Italia dei Valori.

Antonio Di Pietro: Un'opposizione che avrà anche il coraggio e il dovere, allorché lei dovesse fare un provvedimento negli interessi dei cittadini, di votarlo, ma mai di scambiare la sua politica come una politica nell'interesse della collettività. Noi crediamo che lei abbia fatto e si sia messo a fare politica per i suoi interessi personali e giudiziari (Proteste dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Una voce dai banchi del gruppo Popolo della Libertà: «Vergogna!»); è questa la verità che non ci toglie nessuno. Noi non le diamo la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo del Partito Democratico - Commenti di deputati del Popolo della Libertà)!
(Antonio Di Pietro)


13 Maggio 2008

Il discorso di Silvio Berlusconi

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Il discorso del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al Parlamento per chiedere la fiducia al suo Governo – in puro stile “papista” e pseudobuonista - ricorda tanto la favola del ragno che invita la mosca nella propria ragnatela. Non so se il partito democratico farà l’allocco e ci cadrà ma certamente non lo faremo noi dell’Italia dei Valori.
Egli ha descritto il paese da sogni e di balocchi che vorrebbe ma non ha indicato come fare per realizzarlo. Il suo discorso – pieno di “ma anche” è apparso solo un esercizio di equilibrismo per farci stare dentro tutto ed il contrario di tutto, nella speranza di ingraziarsi maggioranza e opposizione, Nord e Sud, lavoratori e datori di lavoro, imprenditori e sindacati, parti sociali deboli e poteri forti, pacifisti e guerrafondai, rigoristi e scialacquatori.

Dice di volere il dialogo ma ad una voce sola: la sua! E chi non la pensa come lui “peste lo colga”: è solo un qualunquista, un forcaiolo, un populista, insomma un disturbatore del manovratore da isolare e condannare.

Per rendersene conto basta rileggere il suo discorso, pieno non di proposte di governo ma di “eclatanti omissioni” su questioni chiave, come il rilancio della lotta all’evasione fiscale, la funzionalità della giustizia, la trasparenza dei mercati, la pluralità dell’informazione, la lotta alla “Casta”, gli sprechi nella pubblica amministrazione, la lentezza e la farraginosità della burocrazia, la questione della Rai come servizio pubblico, la scandalosa vicenda Europa/-Rete4 ed il connesso rispetto delle Direttive e delle sentenze degli organismi di controllo.

Nel suo discorso, Berlusconi ha posto l’accento sul verbo “crescere”. Avrebbe dovuto usare il verbo “cambiare”. Senza un cambiamento la crescita non potrà avvenire. Il verbo giusto è cambiare.
Per ripartire bisogna eliminare alla radice le cause che in questo momento bloccano il Paese. Tra queste la mancanza di una libera informazione, la diffusione della criminalità organizzata, la non certezza della pena.
Economia e etica sono due facce della stessa medaglia. Una forte economia non può prescindere dall’”etica dei comportamenti” e questo non è il caso dell’Italia con leggi ad personam e condannati eletti in Parlamento su precisa scelta del leader del PDL.

Un Paese che voglia attrarre investimenti dall’estero non può permettersi ombre su chi ha primarie responsabilità nel sistema bancario come è il caso di Cesare Geronzi.
La libera informazione è alla base della democrazia. La recente sentenza della Corte di Giustizia europea impone che Rete 4, di proprietà del presidente del Consiglio, ceda le sue frequenze a Europa 7, in caso contrario i cittadini italiani pagheranno, con effetto retroattivo dal primo gennaio 2006, tutti i giorni 300.000 euro di multa. L’Alitalia costa ai contribuenti più di un milione di euro al giorno grazie alla mancata fusione con Air France dovuta al PDL. Di fronte a un debito pubblico di circa 1630 miliardi di euro con interessi annui di 70 miliardi di euro pagati dallo Stato, Rete 4 e Alitalia possono sembrare sciocchezze, ma sono un chiaro segnale di chi fatica a distinguere gli interessi privati da quelli pubblici.
Berlusconi dice di voler rivalutare la casa come bene primario. Ma per dare concretezza a questi obiettivi bisognerà rivedere i rapporti tra istituti di credito e cittadini, decine di migliaia di famiglie stanno perdendo la casa per l’impossibilità di pagare il mutuo.
Egli dice che vuole una giustizia che funzioni ma non dice che bisogna cancellare le leggi vergogna che hanno accorciato i tempi di prescrizione rendendo quasi impossibile ogni condanna.

Egli dice che vuole servizi efficienti accompagnati a una diminuzione dei costi dello Stato. Chi non li vorrebbe? Non ho però sentito quali in concreto sono le misure che consentirebbero questi obiettivi. Ad esempio l’abolizione delle Province, l’accorpamento delle Province, l’abolizione delle Comunità montane, l’allineamento dei compensi parlamentari al resto d’Europa, un utilizzo produttivo e controllato dei miliardi di euro di finanziamento della Comunità Europea, una rivisitazione complete e concreta della legge sui finanziamenti pubblici ai partiti ed ai cosiddetti giornali di partito.
Il federalismo fiscale della Lega può conciliarsi con i 15 miliardi di euro per lo Stretto di Messina?
Con le centinaia di migliaia di dipendenti pubblici e para pubblici del nostro Meridione? Il Sud non può sopravvivere se le risorse fiscali rimarranno nel Nord. Tutti sanno che il federalismo fiscale senza una reale autonomia economica del Sud è solo fumo negli occhi e che il Sud, fino a quando non sarà affrancato dalla criminalità organizzata, non potrà essere autonomo. Ma la criminalità organizzata oggi si combatte prevedendo ferree leggi e decisi interventi sull’evasione fiscale, sui falsi in bilancio, sulla contiguità esistente e persistente fra politica e mafia, sulla non candidabilità delle persone condannate, tutte questioni-chiave di cui il Presidente del Consiglio si è ben guardato dal prendere posizione.
Egli ha più volte teso la mano all’opposizione, ha chiesto e offerto collaborazione, alla condizione, ovviamente, che non venga alterato lo status quo sull’informazione e sulla giustizia.
L’opposizione ideale per Silvio Berlusconi è un’opposizione morbida che non denunci, non alzi i toni, non faccia battaglie, anche dure, per il rispetto delle regole democratiche. Insomma una “opposizione di Governo”.

Ripeto, non so cosa voglia fare e come voglia comportarsi il Partito democratico di Veltroni. Da oggi, però, deve essere chiaro che esiste ed esisterà una opposizione forte, decisa e senza compromessi, fatta di critiche ma anche di proposte costruttive, che è quella dell’Italia dei Valori.
(Antonio Di Pietro)


Il silenzio dei magistrati

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Bavaglio all'informazione e bavaglio alla giustizia sono questi i primi fatti tangibili del governo del centrodestra a cui fa sponda un tacito consenso di questa finta opposizione.
Oggi Clementina Forleo verrà "cacciata" da Milano, non potrà più esercitare in quella città. Le parole di oggi di Silvio Berlusconi secondo cui "il rispetto va ai magistrati che compiono in silenzio il proprio dovere" trovano da subito effettivo riscontro. Lascio, come altre volte ho fatto, all’articolo di Marco Travaglio “Colpirne una…” de l’Unità, che condivido completamente, il commento a questa vicenda:

"Se il plenum del Csm confermerà l’indicazione data ieri dalla Commissione competente, Clementina Forleo sarà cacciata da Milano per “incompatibilità ambientale”. Il suo peccato mortale, come tutti han capito fin troppo bene, è stato quello di mettere nero su bianco i nomi dei parlamentari intercettati durante le scalate di Antonveneta, Rcs e Bnl e chiedere al Parlamento l’autorizzazione a usare le loro telefonate. Non potendo dichiarare ufficialmente che andava punita per questo, a perenne ammonimento per tutti gli altri magistrati che osassero fare altrettanto, insomma a futura memoria, la commissione ha deciso di cacciarla perché avrebbe cattivi rapporti con i cancellieri del tribunale (testuale); perché avrebbe turbato l’opinione pubblica con denunce infondate (e pazienza se poi si son rivelate fondatissime), perché avrebbe detto a un convegno cose che non ha mai detto, e perché avrebbe chiesto a un pm notizie di un provvedimento interdittivo che la Procura le aveva preannunciato dicendole di tenersi pronta. Insomma, incolpazioni inventate o faccenduole che sono normale routine in un ufficio giudiziario. Alla fine, in questo mondo alla rovescia, il topolino ha partorito la montagna: una sanzione mostruosa, che sarebbe apparsa sproporzionata anche se gli addebiti mossi alla Forleo fossero stati fondati. Clementina Forleo non potrà più fare il giudice a Milano e dovrà emigrare altrove con quel che resta della sua famiglia già falcidiata da lutti, minacce e attacchi. Il voto è stato tutt’altro che unanime, a riprova del fatto la sanzione non era affatto obbligata. Per il trasferimento han votato i membri laici, cioè politici: la comunista Vacca (che aveva anticipato il giudizio prim’ancora che iniziasse il procedimento, ma non ha sentito neppure il dovere di astenersi: bella garanzia di “terzietà”) e Anedda di An; e poi il togato di Unicost, Roia. Contro, ha votato il presidente della commissione, Patrono di MI. I due di Md, pilatescamente, si sono astenuti: se avessero votato contro sarebbe finita 3 a 3. E la manovra sarebbe fallita. Una manovra che, molto probabilmente, è illegittima. L’ordinamento giudiziario Castelli-Mastella vieta trasferimenti d’ufficio dei magistrati per fatti che implichino comportamenti colpevoli: l’incompatibilità può derivare solo da fatti incolpevoli, per esempio da parentele con altri giudici o con imputati dello stesso distretto. Ma qui le condotte contestate alla Forleo, se dimostrate, implicano che lei sia colpevole. Dunque andavano esaminate in sede disciplinare, con una procedura molto più garantista. Ma si temeva di non riuscire a punirla nemmeno sul fronte disciplinare: perché, per una dimenticanza degli analfabeti che hanno approvato la Castelli-Mastella, nella lista degli illeciti disciplinari non figurano le esternazioni. E qui proprio di esternazioni si tratta. Dunque, sapendo che in sede disciplinare non c’era trippa per gatti, si sono usate condotte ipoteticamente colpevoli per dichiarare l’incompatibilità. Il risultato è a metà fra l’inquietante e l’esilarante: se qualcuno ritiene che la Forleo sia una pazza furiosa che litiga con tutti e lancia allarmi infondati, che senso ha spostarla da Milano a Roma o a Vipiteno? Il fatto è che anche la manovra per farla apparire pazza è fallita: tutti conoscono la sua preparazione giuridica, la sua laboriosità, il suo carattere. Come diceva Montanelli, “tutte le persone di carattere hanno un pessimo carattere”. Ma che c’entra il carattere con la capacità di un giudice? Patrono ha votato contro il trasferimento anche perché, per la nuova legge, la Forleo è “scaduta” come gip avendo esercitato l’incarico da più di 10 anni e, al pari di centinaia di gip, dovrà passare al tribunale. Bastava aspettare qualche mese (in attesa che il Csm bandisse quei posti) e il nodo si sarebbe sciolto da sé. Ma qui bisognava dare una lezione purchessia, a prescindere. La sentenza, richiesta a gran voce dai politici di destra e sinistra, era scritta fin da luglio, quando la gip osò fare il suo dovere anziché voltarsi dall’altra. Calamandrei diceva: “Non temo i giudici corrotti, ma i giudici conformisti”. Questo Csm e questa politica temono i giudici anticonformisti. Colpirne uno (anzi due: c’è pure De Magistris) per educarne diecimila."
(Postato da Antonio Di Pietro in )


12 Maggio 2008

Informazione oscurata

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E' proprio vero: la lingua batte dove il dente duole!

Gli attacchi che sta subendo il giornalista Marco Travaglio solo per aver raccontato la cronaca di fatti veri ed accaduti e che riguardano nientemeno la seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato Schifani, dimostrano che, come al solito, quando si tratta di difendere la Casta, i vari esponenti di partito di destra e di sinistra fanno quadrato e diventano un tutt’uno (come accadde ai tempi dell’indulto).

Allora mi domando e domando: ma un giornalista che rivela circostanze sconosciute alla maggioranza dei cittadini adempie al proprio dovere di cronaca e di critica o no? Se Schifani risulta essere stato socio di persone di malaffare, allora il presidente del Senato, proprio per l'alta carica che ricopre ne spieghi le ragioni o contesti i fatti. E' un suo dovere morale.

Ed ancora mi domando e domando, questa volta ai tanti benpensanti del Partito Democratico: ma sapete chi sono i condannati per mafia Nino Mandalà e Benny D’Agostino? E sapete cosa vuol dire essere stati soci con costoro ai tempi d’oro della mafia, come lo fu Schifani? Ed allora, che male c’e’ se un giornalista indipendente pone delle domande trasparenti ed altrettanto trasparentemente informa l’opinione pubblica?

Che senso ha attaccare Travaglio per aver solo detto ciò che è vero? Invece di prendersela con lui non sarebbe meglio prendere spunto da questo fatto per impostare una campagna di informazione capillare e veritiera su chi sta al Parlamento, al Governo o nelle altra istituzioni controllate dalla politica? Oppure il silenzio è dovuto al fatto che anche tra le file del centrosinistra ci sono alcune posizioni imbarazzanti per cui è meglio far finta di niente e schierarsi con l’avversario nella speranza che un giorno il favore possa tornare?
(Antonio Di Pietro)


Zappiamo Forbice

passaparola

V2-day, 25 aprile, per un'informazione libera:

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sabato 17 maggio 2008

PASSAPAROLA... Il CSM non cadrà : è già caduto..

passaparola


Caso Forleo. Né si né no: ni!

di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)



dal blog Toghe : http://toghe.blogspot.com/2008/05/caso-forleo-n-si-n-no-ni.html


Oggettivamente e al di là dei fatti e delle intenzioni dei protagonisti, non c’è dubbio che molti percepiscono le sanzioni proposte per Clementina Forleo da parte del C.S.M. (così come quella per Luigi De Magistris) come una ingiustizia.

Alcuni addirittura le interpretano come un atto di “disponibilità” della magistratura verso il potere.

Oggi, sulla mailing list di una corrente della magistratura un avvocato ha scritto che «Forleo e de Magistris in questo contesto sono le vittime sacrificali che anche la Magistratura ha voluto “donare” [al potere] in cambio di tranquillità».

In un bellissimo articolo di questo blog Silvio Leotta ha parlato de “La preoccupante alleanza fra magistratura e politica”.

Con riferimento al “caso Forleo”, ieri si è verificata una cosa bizzarra.

Nella votazione alla Prima Commissione del C.S.M. NON si è astenuta la prof. Letizia Vacca, quella che all’avvio della pratica ne aveva anticipato a reti unificate l’esito con parole decisamente inadeguate al suo ruolo e grandemente disdicevoli (sul punto mi permetto di rinviare al mio articolo “Clementina Forleo e tutti noi avremmo diritto a un ‘giudice’ imparziale”).

E si sono astenuti, invece, i Consiglieri Livio Pepino (di Magistratura Democratica) e Mario Fresa (del Movimento per la Giustizia).

Vi devo confessare che io questa cosa delle “astensioni” dei Consiglieri del C.S.M. non l’ho mai mandata giù.


In molte (troppe) occasioni questo o quel Consigliere del C.S.M. “si astiene”.

Ma badate, non si astiene, come sarebbe normale, perché la pratica interessa un suo parente o un suo compagno di corrente (che, anzi, per i compagni di corrente non ci si astiene proprio), ma si astiene nel senso che “non vota né si né no”.

Il che è davvero bizzarro.


Quello che ho capito io è che quando mi viene affidato un ufficio pubblico e mi danno lo stipendio per questo lavoro, esercitare l’ufficio è un mio dovere e non una “possibilità”.

L’astensione, dunque, è un istituto a tutela dell’ufficio e non del suo titolare.

La legge organizza alcuni organi amministrativi in forma collegiale perché vuole che le decisioni vengano adottate da più persone insieme.


Se uno non vota, si sottrae a una responsabilità e priva – in concreto – la decisione del suo contributo.

In definitiva, a me pare che ci si dovrebbe astenere solo perché si è in una qualche forma di conflitto di interessi o perché, come accaduto per la prof. Vacca, si è persa e fatta perdere credibilità e dignità alla istituzione, dimostrando prevenzione e mancanza di serenità nel giudizio.

Negli altri casi votare dovrebbe essere un dovere e astenersi una sottrazione a un dovere e a una responsabilità.

Tornando al “caso Forleo”, è grandemente imbarazzante che ieri i Consiglieri appartenenti alle due correnti cosiddette (ma ormai abbiamo scritto qui in tutte le lingue che questa distinzione è ridotta a una truffa) “progressiste” (Magistratura Democratica e Movimento per la Giustizia) abbiano “deciso di non decidere” (per il momento) su un caso tanto delicato come quello di Clementina Forleo.

Si doveva trattare di una decisione non politica, ma tecnica. O no?

La rappresentazione che se ne è data è che si agisce contro la Forleo non perchè ha fatto arrabbiare Massimo D’Alema, ma perchè ha creato una situazione oggettivamente insostenibile di incompatibilità “incolpevole” (perchè l’art. 2 si puoi “usare” solo se la cosa è incolpevole).

Dunque, o i presupposti per il trasferimento c'erano o no. Che spazio c’era per l’astensione?

Ovviamente, uno spazio c’era e dell’astensione è stata data una giustificazione. I consiglieri astenuti hanno chiesto un approfondimento istruttorio che gli altri Consiglieri hanno respinto.

Loro, allora, si sono astenuti, sostenendo che riproporranno la loro richiesta di approfondimento istruttorio al plenum del C.S.M..


Ma la questione è che, una volta che i Consiglieri votanti hanno votato per escludere l’approfondimento istruttorio e una volta che è chiaro (perché altamente prevedibile sulla base degli “schieramenti sul caso”) che il plenum respingerà la richiesta di approfondimento istruttorio, la partita era ed è realmente e concretamente quella fra votare a favore o votare contro il trasferimento della collega Forleo.

Fermo restando che al plenum tutti i Consiglieri potranno sempre votare come ritengono più opportuno, se ieri i Consiglieri progressisti avessero votato contro il trasferimento di Clementina Forleo la pratica sarebbe andata al plenum con con la proposta di trasferimento, ma con la proposta di trasferimento bocciata in Commissione.


Sono i paradossi della realpolitik.

A volte i Consiglieri cosiddetti progressisti votano delibere illegittime (è accaduto per la nomina di 23 magistrati del Massimario della Corte di Cassazione, annullata dal T.A.R. Lazio con una sentenza che intendo commentare qui nei prossimi giorni e che intanto può leggersi a questo link) e si giustificano (lo ha fatto, nella vicenda del Massimario, il Consigliere Mario Fresa con un resoconto che si può leggere a questo link) dicendo che votare contro la delibera sarebbe stato solo trovarsi in minoranza e perdere e, dunque, meglio votare “il meno peggio”.

Altre volte gli stessi Consiglieri progressisti si consegnano serenamente alla sconfitta certa, per difendere una richiesta istruttoria che è quasi certo che non otterranno.

Sembra che il primo sia realpolitik e il secondo rigore duro e puro.

Ma in realtà sono entrambi realpolitik.

Nel primo caso le correnti progressiste hanno ottenuto un tot numero di loro “soci” al Massimario (salvo vedersi annullare la delibera per eccesso di potere, sviamento di potere, illogicità della motivazione e travisamento dei fatti).


Nel secondo caso le correnti progressiste hanno ottenuto di poter sostenere di non essere responsabili né della proposta di trasferimento né della proposta di non trasferimento di Clementina Forleo.

Perchè mentre la partita – nei fatti e al di là delle intenzioni – rendeva possibile e “politicamente doveroso” solo il voto pro o contro il trasferimento, loro hanno votato per l’istruttoria.

Un tempo si diceva: la fantasia al potere!



P.S. – Resta la speranza che, se il plenum del C.S.M. non concederà l’approfondimento istruttorio, i Consiglieri progressisti, concedendo a Clementina Forleo il beneficio che spetta anche agli imputati (in dubio pro reo), in mancanza delle ulteriori prove, voteranno per il rigetto del trasferimento.





L'intera memoria difensiva di Clementina Forleo si può leggere in questo blog a questo link.

Appello per la Giustizia - Per De Magistris


L'amara denuncia di Carlo Vulpio, dall'inchiesta «Why Not» all'informazione distratta

Mani sporche che soffocano il Sud

Corruzione, mafie, veleni in procura: casi di ordinario marasma

Mani in alto, questa non è una rapina. O forse sì: immaginate un posto dove i carabinieri indagano sui giudici e i giudici, per farsi dare le carte e sapere che cos'abbiano scoperto i carabinieri, una bella mattina mandano i poliziotti in caserma. Coi mitra puntati, le braccia levate e il colpo in canna (Policoro, giugno 2007). Oppure un paesino dove una brutta mattina la terra trema e tutte le case restano in piedi, tutte meno una scuola che ammazza 27 bambini e una maestra, ma guai a dire che questa scuola è crollata perché l'avevano costruita peggio d'un canile: meglio seppellire la verità sotto macerie di retorica («quei piccoli angeli!...») dare tutta la colpa al terremoto, assolvere progettisti e amministratori, infine incassare soldi pubblici per la ricostruzione che, altrimenti, non arriverebbero (San Giuliano, ottobre 2002).

Dove eravate. Fu la prima domanda senza interrogativo che Roberto Saviano ci fece dalla copertina d'un settimanale, quando la sua scandalosa Gomorra stupì tutti. Che Paese è: sarà la domanda con risposta incorporata che ossessiona chi legge Roba Nostra (Il Saggiatore), 254 indignate pagine di Carlo Vulpio, scandalo al sole di Calabria, Basilicata e dintorni criminali. Dov'eravamo quando succedeva tutto questo e che Sud lasceremo, quando il malaffare sarà ovunque: «Nessuno — scrive Marco Travaglio nell'introduzione —, grazie anche a questo libro, potrà più dire di non aver saputo».

Forse Beppe Grillo la fa troppo semplice con la casta stampata ed è un po' provinciale quel suo scappellarsi di fronte a Cnn e Al Jazeera simboli di libertà: non c'è bisogno d'un Pete Dexter per sapere quant'è pericoloso raccontare certi affari di famiglia, a qualunque latitudine, o per capire che la 'ndrangheta somiglia davvero ad Al Qaeda. C'è casta e casta, però. E nonostante tutto sopravvive anche qui un'informazione di nobilissimi paria, cronisti di provincia pagati cinque euro a pezzo, che scarpina nella «Lucky Lucania» e magari non ha spazio su troppi «giornali distratti e distraenti» (virgolettati di Vulpio) e che è pur sempre roba nostra. Giornalisti che ci mettono la firma e ci rimettono la pelle. Ma comunque. Mezzogiorno corrotto = nazione infetta.

Nella provincia di Reggio Calabria, cuore nero del malaffare, in vent'anni sono stati condannati tre tangentari: tre. Nel silenzioso Molise una cattolicissima coppia, lui deputato e lei ginecologa obiettrice di coscienza che faceva gli aborti illegali, per anni ha regnato seminando paura e raccogliendo un nomignolo: Ceausescu. E poi ci sono i soldi truffati all'Unione Europea, i massoni giudici che informano i massoni inquisiti, i potenti di tutti i partiti che intimidiscono, i treni che impiegano sette ore dal Tirreno all'Adriatico, i carabinieri troppo attivi che vengono promossi e spediti in Iraq, i co.co.pro. che devono versare mezzo stipendio ai politici che li raccomandano... Prendete Potenza, «nera, sconosciuta, rassegnata e ripiegata su se stessa».

Le mani sulla città sono un film in bianco e nero, racconta Vulpio: adesso le mani stanno dappertutto. E i Don Rodrigo del Sud non fanno sconti. Lui, inviato del Corriere della Sera, l'ha provato seguendo da vicino due magistrati come Luigi de Magistris e Clementina Forleo. Che hanno indagato giudici e ministri e pure un presidente del Consiglio, intercettato gente che non dovevano, facendo anche qualche errore e sbattendo su fragorosi proscioglimenti. Osando comunque troppo, pagando sempre di più: l'uno col trasferimento, l'altra con un'incredibile sequela di minacce, di disgrazie, di lutti familiari. Tutt'e due, con l'inevitabile strepitus d'insulti e diffamazioni. Giudici che azzannano giudici: «Malati di protagonismo!». Giornalisti che impallinano giornalisti: «Velinari delle Procure!». Affari loro o roba nostra?

Si sa che molte redazioni sono il bordello del pensiero, diceva Kraus, e talvolta anche bordelli veri, chiosava Biagi, dove non sempre si può scrivere quel che si vuole, ma è già tanto se si riesce a non scrivere quel che non si vuole. Vulpio va oltre. E in questo libro, che sta coi pm senza se e senza ma, che ci va duro ad accusare la grande informazione di connivenza o conformismo, riporta anche una conversazione con Paolo Mieli in piena stagione di veleni e di microspie, dopo che una manina aveva passato ai giornali le telefonate private dell'autore: «La cosa più grave, più terribile che possano fare a uno di noi — gli disse il direttore del Corriere — è questa, intercettarlo e metterlo sotto controllo in questo modo. Dopo di che, possono solo sparargli». Why Not? Nella «democratura» del Sud, dittatura travestita da democrazia o viceversa, dice Vulpio che i segreti è meglio condividerli subito. Scrivere ogni cosa è un'assicurazione sulla vita e mica per niente è de Magistris a rinnovarsi la polizza: «Ma tu che credi, che in questi anni non abbia annotato tutto? Ho un diario mio, personale. Per tutelarmi da chi potrebbe farmi fuori fisicamente e professionalmente. Ma anche perché voglio che non si perda la memoria di tutto quello che è accaduto».

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Francesco Battistini, Il Corriere della Sera, 8 Maggio 2008