giovedì 31 gennaio 2008

Sei da qualche parte

Sei da qualche parte


Sei
Da qualche parte
–Invisibile
–Inudibile
Coi fianchi
Scavati
Nelle dune matriarcali
Delle amazzoni.
Le ruote
Del carretto
Alle fontane
Immerse
In anni sgangherati
Si sostengono
Appena
In pochi assi
(Se cadranno marci
Anche le fontane
Resteranno secche)
La statua
Quasi immobile
Di un mulo
Scaccia
Petali di giorni con
Coda
Origliante
Sul mio fianco –Che
Chiama…

Sei qui
Già qui
Che ascolti…

Chi sapeva
Che udissi il
Vento
Prima degli
Uccelli?
Che
Indovinassi
I segreti
Più nascosti,
Le paure,
Gli amori,
Le vergogne
Inammissibili…

Prima ch’io
Parli
Mi guardi –Già
Sapendo
Le parole
Che dirò :
Nei tuoi occhi
I riflessi
D’improvvisi
Cristalli
–Non pensati
Esplodono
Coi battiti di
Ciglia.

Se c’è qualcuno
Che –Svolando il
Nibbio
Lo raccolga e
Lo trapassi
E faccia questo per
Me,
Non lo confidi.
Io sono schiavo
Della mia memoria.
La sera
Solo –Pipistrello
Libero nell’aria
Volteggio
Le falene
In stretti
Cerchi.

Chi chiama
Non ha storia
E si ripete
Ad ogni lamento di
Cenere
Nel fuoco.
Mi dico: non morire!

–Ma chiamo…

E mi ascolti
E mi rispondi
E mi precipiti
Nel gioco crudele
Delle parti.

Circolo d’ombre solitarie:
Non c’è
Più
Chi ci appenda
Alle campane:
Chi ci liberi –Coi vespri
Nella sera
Chi ci raccolga,
Ci protegga,
Ci abbandoni.
Non grida. Non
Urli. Non
Gli ululati
Dei lupi nelle tundre.
Non più
Paure –Né odio
Né palpiti di sogni.
Cadono le
Travi
Sui ricordi: tutto
S’incendia: è
Necrosi di tomba.

Tu mi ascolti…

È vero che mi ascolti..?


Fabrizio Frosini

La Poesia non muore

mercoledì 30 gennaio 2008

Italiani brava gente.. che tiene famiglia.. anche a Ceppaloni..

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ANCHE CHI APPARTIENE ALLA CASTA TIENE FAMIGLIA..
Famiglia Ceppalonica

Il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella e sua moglie Sandra Lonardo hanno due figli, Elio e Pellegrino. Pellegrino è sposato a sua volta con Alessia Camilleri. Una bella famiglia come le altre, ma con qualcosa in più.
Per sapere cosa, partiamo dal partito di Clemente che, come i più informati sanno, si chiama Udeur. L'Udeur, in quanto partito votato dall'1,4% degli italiani adulti, ha diritto ad un giornale finanziato con denaro pubblico.
Si chiama "Il Campanile", con sede a Roma, in Largo Arenula 34. Il giornale tira circa 5.000 copie, ne distribuisce 1.500, che in realtà vanno quasi sempre buttate. Lo testimoniano sia il collega Marco Lillo dell'Espresso, che ha fatto un'inchiesta specifica, sia un edicolante di San Lorenzo in Lucina, a due passi dal parlamento, sia un'altro nei pressi di Largo Arenula.
Dice ad esempio il primo: "Da anni ne ricevo qualche copia. Non ne ho mai venduta una, vanno tutte nella spazzatura!". A che serve allora -direte voi- un giornale come quello? Serve soprattutto a prendere contributi per la stampa.
Ogni anno Il Campanile incassa 1.331.000 euro. E che farà di tutti quei soldi, che una persona normale non vede in una vita intera di lavoro? Insisterete ancora voi.
Che farà? Anzitutto l'editore, Clemente Mastella, farà un contratto robusto con un giornalista di grido, un giornalista con le palle, uno di quelli capace di dare una direzione vigorosa al giornale, un opinionista, insomma. E così ha fatto. Un contratto da 40.000 euro all'anno. Sapete con chi? Con Mastella Clemente, iscritto regolarmente all'Ordine dei Giornalisti, opinionista e anche segretario del partito. Ma è sempre lui, penserete! Che c'entra? Se è bravo! Non vogliamo mica fare discriminazioni antidemocratiche.
Ma andiamo avanti. Dunque, se si vuol fare del giornalismo serio, bisognerà essere presenti dove si svolgono i fatti, nel territorio, vicini alla gente. Quindi sarà necessario spendere qualcosa per i viaggi. Infatti Il Campanile ha speso, nel 2005, 98.000 euro per viaggi aerei e trasferte.
Hanno volato soprattutto Sandra Lonardo Mastella, Elio Mastella e Pellegrino Mastella, nell'ordine. Tra l'altro, Elio Mastella è appassionato di voli. Era quello che fu beccato mentre volava su un aereo di Stato al gran premio di F1 di Monza, insieme al padre, Clemente Mastella, nella sua veste di amico del vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli.
Ed Elio Mastella, che ci faceva sull'aereo di Stato? L'esperto di pubbliche relazioni di Rutelli, quello ci faceva!
Quindi, tornando al giornale. Le destinazioni. Dove andranno a fare il loro lavoro i collaboratori de Il Campanile? Gli ultimi biglietti d'aereo (con allegato soggiorno) l'editore li ha finanziati per Pellegrino Mastella e sua moglie Alessia Camilleri Mastella, che andavano a raggiungere papà e mamma a Cortina, alla festa sulla neve dell'Udeur. Siamo nell'aprile del 2006. Da allora -assicura l'editore- non ci sono più stati viaggi a carico del giornale.
Forse anche perché è cominciata la curiosità del magistrato Luigi De Magistris, sostituto procuratore della Repubblica a Catanzaro, il quale, con le inchieste Poseidon e Why Not, si avvicinava ai conti de Il Campanile. Ve lo ricordate il magistrato De Magistris? Quello a cui il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, mandava tutti quei controlli, uno ogni settimana, fino a togliergli l'inchiesta? Ve lo ricordate? Bene, proprio lui!
Infine, un giornale tanto rappresentativo deve curare la propria immagine. Infatti Il Campanile ha speso 141.000 euro per rappresentanza e 22.000 euro per liberalità, che vuol dire regali ai conoscenti. Gli ordini sono andati tra gli altri alla Dolciaria Serio e al Torronificio del Casale, aziende di Summonte, il paese dei cognati del ministro: Antonietta Lonardo (sorella di Sandra) e suo marito, il deputato Udeur Pasquale Giuditta.
Ma torniamo un attimo agli spostamenti. La Porsche Cayenne (4000 di cilindrata) di proprietà di Pellegrino Mastella fa benzina per 2.000 euro al mese, cioè una volta e mezzo quello che guadagna un metalmeccanico. Sapete dove? Al distributore di San Giovanni di Ceppaloni, vicino a Benevento, che sta proprio dietro l'angolo della villa del Ministro, quella con il parco intorno e con la piscina a forma di cozza. E sapete a chi va il conto? Al giornale Il Campanile, che sta a Roma. Miracoli dell'ubiquità.

La prossima volta vi racconto la favola della compravendita della sede del giornale.
A quanto è stata comprata dal vecchio proprietario, l'Inail, e a quanto è stata affittata all'editore, Clemente Mastella.
Chi l'ha comprata, vi chiederete?
Due giovani immobiliaristi d'assalto: Pellegrino ed Elio Mastella.
Mauro Montanari-Corriere d'Italia/News ITALIA PRESS

lunedì 28 gennaio 2008

Onorata sanità..

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dal Corriere della Sera :
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Calabria: indagini sulla Sanità, 18 arresti. C'è anche il consigliere regionale Crea.
In manette Alessando e Giuseppe Marcianò, due imputati per l'omicidio di Francesco Fortugno
Le persone indagate complessivamente sono 44
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REGGIO CALABRIA - Diciotto persone, tra cui il consigliere regionale Domenico Crea, sono state arrestate su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria nell'ambito di un'operazione denominata Onorata sanità. I provvedimenti sono stati eseguiti all'alba dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria. Le persone indagate complessivamente sono 44 e tra gli arrestati figurano elementi organici alla cosca del boss Giuseppe Tiradritto Morabito.

DELITTO FORTUGNO - Il provvedimento restrittivo ha colpito anche Alessando Marcianò e suo figlio Giuseppe, due degli imputati per il delitto del vice presidente del consiglio regionale Francesco Fortugno, avvenuto a Locri il 16 ottobre 2005. Secondo l’accusa i Marcianò (il figlio sarebbe tra i killer) avrebbero fatto uccidere Fortugno per favorire il rientro in consiglio regionale di Mimmo Crea, primo dei non eletti nella Margherita (ma non ha mai aderito al Partito democratico). Tra i colpiti dalle ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip di Reggio Calabria, figura anche Antonio Crea, 29 anni, figlio del consigliere regionale Domenico e direttore sanitario della clinica privata Ania di Melito Porto Salvo, che è stata posta sotto sequestro. Tutti gli indagati dovranno rispondere di associazione per delinquere di stampo mafioso operante nel settore della sanità pubblica.
(Corriere, 28 gennaio 2008 )
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Come commento a quanto sopra, riporto la chiusa della lettera di De Magistris di dimissioni dall'ANM :
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... La lotta per i diritti è dura e forse lo sarà sempre di più nei prossimi mesi: nelle istituzioni e nel Paese vi sono ancora, però, energie e valori, anche importanti. Si deve costruire una rete di rapporti - fondata sui valori di libertà, uguaglianza e fratellanza - che impedisca all'Italia di crollare definitivamente proprio sul terreno fondamentale dei diritti e della giustizia. È il momento che ognuno faccia qualcosa - in questa devastante deriva etica e pericoloso decadimento dei valori - divenendo protagonista per contribuire al bene della collettività e del prossimo, non lasciando l'Italia nelle mani di manigoldi, affaristi e faccendieri.
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Luigi De Magistris (24 gennaio 2008)
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domenica 27 gennaio 2008

Guai a dimenticare..

"Those who do not remember the past
Are condamned to repeat it" (G.Santayana)
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IL GIORNO DELLA MEMORIA
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da La Stampa di oggi, 27/1/2008
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La memoria dell'Italia peggiore
di ELENA LOEWENTHAL
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La memoria non è di per sé terapeutica. Come diceva Primo Levi, il fatto che sia accaduto non azzera, anzi moltiplica le probabilità che accada di nuovo. La percezione della storia attraverso la memoria è invece istruttiva: guardare al passato per capire che cosa e come siamo. E quest’anno il presidente Napolitano ci ha ricordato che l’Italia di oggi viene anche, ebbene sì, dall’infamia delle leggi razziali.
Gli italiani amano sparlare del proprio paese e delle sue disfunzioni. Guai però a toccare il cosiddetto «carattere nazionale», dentro il quale vige tenace l’immagine degli italiani «brava gente».
Ma a dispetto di questo inossidabile stereotipo, settant’anni fa esatti questo paese è stato capace di sfoderare una legislazione razziale che non fu seconda a nessuno. Nemmeno alla Germania nazista.
«Leggi che suscitarono orrore negli Italiani rimasti consapevoli della tradizione umanista e universalista della nostra civiltà» e anticiparono lo sterminio, ha ricordato il presidente Napolitano.
Il censimento degli ebrei italiani che nell’agosto del 1938 fu la premessa per una applicazione «a tappeto» delle leggi razziali emanate quell’autunno, costituì dopo l’8 settembre 1943 un comodo strumento per i tedeschi a caccia di stücke pezzi» come loro chiamavano i deportati) per i vagoni merci, i forni crematori.
Le leggi razziali, firmate da «Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per volontà della nazione re d’Italia – imperatore d’Etiopia», stabiliscono restrizioni che vanno dal divieto di contrarre matrimonio misto a quello di firmare manuali scolastici, proibiscono agli ebrei italiani di avere dipendenti, di essere dipendenti di enti statali, banche, assicurazioni, di prestare servizio militare, possedere terreni e aziende. Pretendono, con brutale ottusità, di definire l’appartenenza ebraica in termini di sangue (art. 8, comma a: è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica). Queste leggi, tanto spietate quanto assurde, non furono un meteorite precipitato sul ridente pianeta Italia da una remota regione siderale, bensì il prodotto di forze congiunte: il regime fascista, la consenziente monarchia (..) e il popolo italiano. Stretto nelle maglie di questa orribile storia, che tuttavia è proprio la sua.
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Chiedo perdono per far seguire all'alto richiamo di Elena Loewenthal a non scordare il percorso che ha portato alla Sho'ah, l'invito a non scordare anche altre cose: le cose intorno a noi : il degrado di quella parte della così detta "Società Civile" che di civile ha ormai poco.
Non è per accostare alla Sho'ah, allo sterminio di oltre 15 milioni di esseri umani da parte dei nazisti, la vergogna della politica corrotta che ha degradato il nostro Paese e l'ha portato al limite del baratro. Sarei troppo stupido se solo lo pensassi..
Ma quella corruzione che addebitiamo alla "Casta" è potuta diventare prassi costante e quotidiana solo perché una parte della società civile è collusa con quella ed è corrotta.. è "casta" anch'essa. E un'altra parte -una non piccola parte- si rintana nell'indifferenza. O usa il meccanismo psicologico della "rimozione", per non vedere il marcio intorno a sé..
Ecco perché non dobbiamo dimenticare. Ecco perché dobbiamo aprire gli occhi. Ecco perché quando la Libertà viene meno (a cominciare dalle cose più "normali" e quotidiane, quelle che sembrano le tante "piccole cose" di ogni giorno..) e la corruzione degrada la Società, la democrazia formale diventa oligarchia, la giustizia diventa scambio di favori, il merito, l'indipendenza, l'onestà diventano un peccato da far pagare con l'isolamento (ovvero: la "morte sociale").
E a forza di rotolare, la morte sociale può diventare "morte reale" e l'abominio la normalità..
E tutto diventa allora possibile. Anche la ripetizione di massacri e genocidi.
Non dimentichiamo, allora. E che il Giorno della Memoria serva a scrutare dentro noi stessi. A chiederci se ciò che facciamo è giusto.. O se è soltanto "giustificato" da un interesse che con la Giustizia e il Bene collettivo nulla ha a che fare..
Anche perché, prima o poi, come scrive De Magistris nella sua lettera di dimissioni dall'ANM : "I nodi vengono al pettine".
Saluti
Fabrizio Frosini
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da Il Corriere di oggi, 27 gennaio 2008

LA CADUTA DEL CENTROSINISTRA
Alle origini del fallimento
di Ernesto Galli Della Loggia
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La fine del governo Prodi evoca innanzi tutto un'importante questione storica destinata, temo, ad accompagnarci a lungo: la costante minorità numerica della sinistra italiana, e dunque la sua costante debolezza elettorale di partenza. L'Italia profonda non è un Paese progressista. Ciò costringe la sinistra, per avere qualche probabilità di andare al governo, ad allearsi con forze diverse da lei, più o meno dichiaratamente conservatrici. Il che, tuttavia, come si capisce, può avvenire in momenti e su spinte eccezionali (per esempio l'antiberlusconismo) ma è difficile che duri a lungo. Si aggiunga — come concausa di questa minorità, e sua aggravante — la paralizzante eredità comunista. La vicenda italiana indica quanto sia difficile che da quell'eredità nasca un'evoluzione di tipo uniformemente socialdemocratico. La stragrande maggioranza degli eredi del vecchio Pci, infatti, come si sa, ha rifiutato tale evoluzione e il suo nome, preferendo invece, al suo posto, quello alquanto vago di «democratici».
Accanto a loro è nato dal tronco del vecchio partito un blocco di tenace radicalismo (le tre o quattro formazioni che ancora si dicono «comuniste») il quale include almeno un terzo dell'antico elettorato di Botteghe Oscure: insomma un ulteriore fattore di debolezza. C'è poi da ultimo la sinistra cattolica proveniente dalla vecchia Democrazia cristiana. Per avere qualche speranza di vincere è necessario dunque assommare e combinare queste tre componenti, e in più, come dicevo, è necessario trovare un'alleanza con il centro. Un'impresa non da poco, bisogna ammettere; proprio per riuscire nella quale si è spinti a ricorrere a una personalità a suo modo autonoma e di prestigio, per esempio Romano Prodi, la quale però a sua volta tenderà per forza di cose a concepire anch'essa prima o poi una sua personale strategia, a costituire un suo personale polo politico. Portando così al massimo il potenziale divisivo e la confusione delle lingue. Il governo Prodi, già nato sulla base di queste difficoltà strutturali, le ha aggravate di suo con una serie di errori e di insufficienze. Innanzi tutto con la faccenda del programma. Invece di provare a superare la fortissima disomogeneità dell'alleanza accordandosi preliminarmente su cinque, al più dieci, cose importanti da fare nella legislatura, invece di perdere anche magari qualche settimana prima delle elezioni a discutere priorità e stabilire modalità a quel punto davvero vincolanti, si è preferito soddisfare le esigenze identitarie dei circa dieci-dodici componenti della coalizione e compilare un ridicolo programma «monstre» di 280 e passa pagine, impossibile da attuare ma solo fonte di discussioni e rivendicazioni continue, da parte di tutti contro tutti, appena si è cominciato a governare: e da cui nessuno, ovviamente, si è mai sentito impegnato. Anche su queste secche si è incagliata la capacità realizzativa del governo. La cui portata assai limitata, del resto, si è però vista già all'inizio, nell' estate del 2006, quando il ministro Bersani presentò un pacchetto di riforme liberalizzatrici che, pur se nella sostanza cautissime, furono ancor di più sterilizzate finendo per partorire il più classico dei topolini.
Egualmente, di qualunque vera riforma dell'ordinamento giudiziarioun'altra questione cruciale che mina la vita del Paese — non si è sentito mai parlare. Lo stesso dicasi poi per quella che pure il centrosinistra aveva presentato come la più urgente ed essenziale delle riforme: la legge sul conflitto d'interessi. Sono pure cadute nel dimenticatoio grandi questioni nazionali, come l'infame legislazione sulla sanità pubblica, le condizioni delle reti infrastrutturali, lo stato disastrato dell'istruzione. Per quanto riguarda i conti pubblici, infine, anche qui all'urgenza da tutti invocata di ridurre la spesa pubblica non è stato dato alcun seguito, nel mentre si è ricorso come sempre all'aumento del carico fiscale. Insomma, la coalizione di centrosinistra, presentatasi come portatrice di volontà e di visioni realizzative assai superiori a quelle dei suoi avversari, è mancata clamorosamente alla promessa creando un sentimento di disillusione profonda nell'opinione pubblica. Sentimento accresciuto dalla presenza, anche ai vertici, di un personale politico troppo di frequente demagogico, vuotamente assertivo quanto inconcludente, di cui il ministro Pecoraro Scanio è stato l'esempio ormai emblematico.
Un personale politico che su un altro versante ancora ha mostrato peraltro la sua scarsa qualità: su quello dell'occupazione del potere. A cominciare dal presidente del Consiglio il centrosinistra ha condotto dappertutto una sistematica politica lottizzatrice. I suoi uomini di governo, favoriti dalla vasta influenza sociale e culturale a loro omogenea, frutto della storia della Repubblica, non hanno mai fatto spazio a nulla e nessuno che non portasse la loro etichetta politica. Posti, incarichi e finanziamenti sono andati solo a persone e cose della loro parte. Per quella che non era ritenuta tale, invece, non si è mancato di fare ricorso a pressioni dirette e indirette, intrecciate a più o meno sottili intimidazioni. In questo modo, e abbastanza paradossalmente, la coalizione di centrosinistra è venuta costruendo un'immagine di sé sempre più identificata con le oligarchie e i poteri tradizionali, con le nomenclature più tenaci della Repubblica. E ben prima che il verdetto del Senato sono stati lo scoramento e la delusione che tutto ciò, insieme al resto, ha provocato nei suoi stessi elettori, che hanno scavato la fossa in cui alla fine il governo è precipitato .
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Ma cos'hanno di "onorevole"..?

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P.S.: mancano pochi giorni alla fine di Gennaio..
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Saluti
FF
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giovedì 24 gennaio 2008

Dico addio alla "casta"..

L’Espresso , 24 gennaio 2008. Luigi De Magistris :
Dico addio alla casta dei giudici
Giochi di potere. Lottizzazione. Nessuna difesa dei colleghi sotto tiro. Con una dura lettera d'accusa il pm di Catanzaro si dimette dall'Anm.
Luigi De Magistris si dimette dall'Associazione nazionale magistrati (come già aveva fatto la collega Ilda Boccassini due settimane fa), dopo la decisione del Csm di rimuoverlo dalla sede di Catanzaro e dall'ufficio di pm.

Già da alcuni mesi avevo deciso - seppur con grande rammarico - di dimettermi dall'Associazione nazionale magistrati. I successivi eventi che mi hanno riguardato, le priorità dettate dai tempi di un processo disciplinare tanto rapido quanto sommario, ingiusto ed iniquo, mi hanno imposto di soprassedere.Adesso è il tempo che 'tutti i nodi vengano al pettine'.
Vado via da un'associazione che non solo non è più in grado di rappresentare adeguatamente i magistrati che quotidianamente esercitano le funzioni, spesso in condizioni proibitive, ma sta - con le condotte ed i comportamenti di questi anni - portando, addirittura, all'affievolimento ed all'indebolimento di quei valori costituzionali che dovrebbero essere il punto di riferimento principale della sua azione.
L'Anm - che storicamente aveva avuto il ruolo di contribuire a concretizzare i valori di indipendenza interna ed esterna della magistratura - negli ultimi anni, con prassi e condotte censurabili ormai sotto gli occhi di tutti, ha contribuito al consolidamento di una magistratura 'normalizzata' non sapendo e non volendo 'stare vicino' ai tanti colleghi (sicuramente i più 'bisognosi') che dovevano essere sostenuti nelle loro difficili azioni quotidiane spesso in contesti di forte isolamento; ha fatto proprie tendenze e pratiche di lottizzazione attraverso il sistema delle cosiddette correnti; ha contribuito - di fatto - a rendere sempre più arduo l'esercizio di una giurisdizione indipendente che abbia come principale baluardo il principio costituzionale che impone che tutti i cittadini siano uguali di fronte alla legge.
L'Anm è divenuta, con il tempo, un luogo di esercizio del potere, con scambi di ruoli tra magistrati che oggi ricoprono incarichi associativi, domani siedono al Csm, dopodomani ai vertici del ministero e poi, magari, finito il 'giro', si trovano a ricoprire posti apicali ai vertici degli uffici giudiziari. È uno spettacolo che per quanto mi riguarda è divenuto riprovevole.
Anche io, per un periodo, ho pensato, lottando non poco come tutti i miei colleghi sanno, di poter contribuire a cambiare, dall'interno, l'associazionismo giudiziario, ma non è possibile non essendoci più alcun margine.
Lascio, pertanto, l'Anm, donando il contributo ad associazioni che, nell'impegno quotidiano antimafia, cercano di garantire l'indipendenza concreta della magistratura molto meglio dell'associazionismo giudiziario.
Non vi è dubbio che anche il Consiglio superiore della magistratura, composto da membri laici, espressione dei partiti, e membri togati, espressione delle correnti, non può, quindi, non risentire dello stato attuale della politica e della magistratura associata.
I magistrati debbono avere nel cuore e nella mente e praticare nelle loro azioni i principi costituzionali ed essere soggetti solo alla legge.
So bene che all'interno di tutte le correnti dell'Anm vi sono colleghi di prim'ordine, ma questo sistema di funzionamento dell'autogoverno della magistratura lo considero non più tollerabile. Il Csm deve essere il luogo in cui tutti i magistrati si sentano, effettivamente, garantiti e tutelati dalle costanti minacce alla loro indipendenza.
Non è possibile assistere ad indegne omissioni o interventi inaccettabili dell'Anm, come ad esempio negli ultimi mesi, su vicende gravissime che hanno coinvolto magistrati che, in prima linea, cercano di adempiere solo alle loro funzioni: da ultimo, quello che è accaduto ai colleghi di Santa Maria Capua Vetere.
Non parlo delle azioni ed omissioni riprovevoli - da parte anche di magistrati, non solo operanti in Calabria - sulla mia vicenda perché di quello ho riferito alla magistratura ordinaria competente e sono fiducioso che, prima o poi, tutto sarà più chiaro.

Certo, lo spettacolo che mi ha visto in questi giorni protagonista, in un processo disciplinare che mi ha lasciato senza parole, ha contribuito a radicare in me la convinzione che questo sistema ormai è divenuto inaccettabile per tutti quei magistrati che ancora sentono e amano profondamente questo mestiere e che siamo ormai al capolinea.
Io sono orgoglioso - sembrerà paradossale - che questo Csm mi abbia inflitto la censura con trasferimento d'ufficio. Era proprio quello che mi aspettavo. Ed anche scritto, in tempi non sospetti. Ho già detto, ad un mio amico antiquario, di farmi una bella cornice: dovrò mettere il dispositivo della sentenza dietro la scrivania del mio ufficio ed indicare a tutti quelli che me lo chiederanno le vere ragioni del mio trasferimento.
La mia condanna disciplinare è grave e infondata, nei confronti della stessa farò ricorso alle sezioni unite civili della Suprema Corte di Cassazione confidando in giudici sereni, onesti, imparziali, in poche parole giusti. La condanna è, poi, talmente priva di fondamento, da ogni punto di vista, che la considero anche inaccettabile.
Mi viene inflitta la censura, devo lasciare Catanzaro ed abbandonare le funzioni di pubblico ministero in sostanza perché non ho informato i miei superiori in alcune circostanze e perché ho secretato un atto solo ed esclusivamente per salvaguardare le indagini ed evitare che vi fossero propalazioni esterne che danneggiassero le inchieste; senza, peraltro, tenere conto delle gravissime ragioni che hanno necessariamente ispirato alcune mie condotte. Troppo zelo, troppi scrupoli, troppo amore per questo mestiere. Del resto il procuratore generale che rappresentava l'accusa in giudizio, nel rimproverarmi, definendomi anche birichino, ha detto che concepisco le mie funzioni come una missione.
Ebbene, questa decisione, a mio umile avviso, contribuisce ad affievolire l'indipendenza della magistratura, conduce ad indebolire i valori ed i principi costituzionali, ci trascina verso una magistratura burocratizzata ed impaurita sotto il maglio e la clava del processo disciplinare.
Il rappresentante della Procura generale della Cassazione in udienza, il dr. Vito D'Ambrosio, ex politico, il quale per circa dieci anni è stato anche presidente della giunta della Regione Marche, ha sostenuto, durante il processo, sostanzialmente, che non rappresento, in modo adeguato, il modello di magistrato.
Ed invero, il modello di magistrato al quale mi sono ispirato è quello rappresentato da mio nonno magistrato (che ha subito anche due attentati durante l'espletamento delle funzioni), da mio padre (che ha condotto processi penali di estrema importanza in materia di terrorismo, criminalità organizzata e corruzione), dai miei magistrati affidatari durante il tirocinio, dai tanti colleghi bravi e onesti conosciuti in questi anni, da quello che ho potuto apprendere ed imparare, sulla mia pelle in contesti ambientali anche molto difficili, dall'esperienza professionale nell'esercizio di un mestiere al quale ho dedicato, praticamente, gran parte della mia vita. Il mio modello è la Costituzione repubblicana, nata dalla resistenza. Il modello 'castale' e del magistrato 'burocrate' non mi interessa e non mi apparterrà mai, nessuna 'quarantena' in altri uffici, nessun ' trattamento di recupero ' nelle pur nobili funzioni giudicanti, potrà mutare i miei valori, né potrà far flettere, nemmeno di un centimetro, la mia schiena. Sarò sempre lo stesso, forse, debbo a questo appunto ammetterlo, un magistrato che per il 'sistema' è 'deviato ed eversivo'.
Pertanto, questa sentenza è, per me, la conferma di quello che ho visto in questi anni ed un importante riscontro professionale alla bontà del mio lavoro. Certo è una sentenza che nella sua profonda ingiustizia è anche intrinsecamente mortificante. Imporre ad un pubblico ministero, che si sa che ha sempre professato e praticato l'amore immenso per quel mestiere, di non poterlo più fare - sol perché ha 'osato', in pratica, indagare un sistema devastante di corruzione e cercato di evitare che una 'rete collusiva' ostacolasse il proprio lavoro e, quindi, condannandolo per avere, in definitiva, rispettato la legge - è un po' come dire ad un chirurgo che non può più operare, ad un giornalista di inchiesta che deve occuparsi di fiere in campagna, ad un investigatore di polizia giudiziaria che deve pensare ai servizi amministrativi. Farò di tutto, con passione ed entusiasmo intatti, nei prossimi mesi, per dimostrare quanto ingiusta e grave sia stata questa sentenza e che danno immane abbia prodotto per l'indipendenza e l'autonomia dei magistrati, ed anche e soprattutto per la Calabria, una terra (che continuerò sempre ad amare comunque finisca questa 'storia') che aveva bisogno di ben altri 'segnali' istituzionali.

Lavorerò ancor più alacremente nei prossimi mesi - prima del mio probabile allontanamento 'coatto' dalla Calabria - presso la Procura della Repubblica di Catanzaro per condurre a termine le indagini più delicate pendenti.
Non mi sottrarrò ad eventuali dibattiti pubblici anche tra i lavoratori, tra gli operai, tra gli studenti, nei luoghi in cui vi è sofferenza di diritti, per contribuire - da cittadino e da magistrato, con la mia forza interiore - al consolidamento di una coscienza civile e per la realizzazione di un tessuto connettivo sinceramente democratico.
Il Paese deve, comunque, sapere che vi sono ancora magistrati che con onore e dignità offrono una garanzia per la tutela dei diritti di tutti (dei forti e dei deboli allo stesso modo) e che non si faranno né intimidire, né condizionare, da alcun tipo di potere, da nessuna casta, esercitando le funzioni con piena indipendenza ed autonomia, in una tensione ideale e morale costituzionalmente orientata, in ossequio, in primo luogo, all'art. 3 della Costituzione repubblicana.La lotta per i diritti è dura e forse lo sarà sempre di più nei prossimi mesi: nelle istituzioni e nel Paese vi sono ancora, però, energie e valori, anche importanti. Si deve costruire una rete di rapporti - fondata sui valori di libertà, uguaglianza e fratellanza - che impedisca all'Italia di crollare definitivamente proprio sul terreno fondamentale dei diritti e della giustizia. È il momento che ognuno faccia qualcosa - in questa devastante deriva etica e pericoloso decadimento dei valori - divenendo protagonista per contribuire al bene della collettività e del prossimo, non lasciando l'Italia nelle mani di manigoldi, affaristi e faccendieri.
Luigi De Magistris (24 gennaio 2008)

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Lettera aperta alla città di Calabria
(dall’Associazione Universitaria Calabrese Ulixes)
Sulla vicenda De Magistris per mesi abbiamo deciso il silenzio.
Un silenzio dettato in primo luogo dal desiderio di sfuggire ad ogni accusa di strumentalizzazione di vicenda e persone.
Un silenzio, in secondo luogo, simbolico e teso a manifestare rispetto per le istituzioni e dunque per i lavori e le indagini e le valutazioni del CSM.
In questa follia collettiva la convinzione, che adesso vacilla, è che non si prescinda dall’assicurare rispetto alle istituzioni che di un paese sono comunque il collante e la parvenza d’identità. E che i salti e le revisioni di un sistema, per il bene della società stessa, possano passare attraverso situazioni non traumatiche.
Quella convinzione è caduta, forse definitivamente.
Ed il silenzio si scioglie nella constatazione che questo paese è allo stremo e la corruzione che ne segna l’animo e le speranze è giunta ad uno stadio di non ritorno.
Davvero di non ritorno.
Non esistono ordini e corpi che segnalino senso e responsabilità di Stato, non esistono soggetti che riconoscano il senso di norme collettive o legislative. Ma solo poteri nella veste più sfacciata e impertinente.
Senza vergogna.
La cappa del potere è scesa definitivamente e francamente non si vedono vie d’uscita.
Si badi bene. Il potere ha le forme del degrado non solo quando è legato ad ogni livello ma quando tutti i corpi sono espressioni delle medesime logiche.
I poteri in Italia hanno dimostrato un senso di chiusura, di prepotenza, di irragionevolezza, di onnipotenza.
Né la politica né la magistratura oggi ci consentono di avere fiducia.
Ognuno, nelle sue sfere di competenza agisce come un attore in una sfida all’ultimo sangue dove non ci sono regole, esistenze individuali, giustizie collettive da assicurare e garantire, aspettative della collettività.
Niente. “Fanno tutti schifo” pronuncia l’antipolitica. Un po’ è così.
Il dispositivo della sentenza del CSM ci fa effettivamente schifo come ci fa schifo la nomina del dirigente ASL per tessera di partito, così come ci fa schifo chi nelle intercettazioni dice che un certo giudice deve essere fatto fuori (“Cazzo alla fine ce l’ha fatta però il tizio”. Forse aveva mezzi per vedere lungo).
Sono logiche uguali, prese da prospettive e corpi diversi.
Il CSM va oltre le richieste dell’accusa, pronuncia valutazioni di merito che sondano le intenzionalità che muovono il candidato e incornicia un dispositivo “tagliagambe” che non lede il magistrato solo nel suo ruolo ma anche nella sua persona.
Non è difficile pensare in questo momento alle difficoltà personali del dott. De Magistris, magari psicologiche prima ancora che professionali.
Queste sono le logiche del potere.
Il potere ha bisogno di creare vittime ed eroi, affossa, colpisce uno perché tutti vedano, sentano e capiscano. Nel silenzio delle loro vite e della loro quotidianità.
Quanti delinquenti avranno gioito di questa sentenza!
Magari quegli stessi che in Parlamento hanno applaudito Mastella.
Il potere politico semplicemente si è gioiosamente specchiato nel potere giudiziario.
Ma sempre di potere si tratta.
Le inchieste sembrano l’ultimo interesse di questo paese scollato, deluso, umiliato, stanco.
Che ha giornali quotidiani che sembrano bollettini di guerra, che regala ai giovani la prospettiva di dignitose vite da disperati, che sta tutto nell’immondizia napoletana e nelle magagne criminose e nell’incapacità di dimettersi e di colpire le responsabilità.
Luigi De Magistris e la sua vicenda dimostrano che oggi non esistono speranze al di fuori di grandi individualità e che il sistema è morto e la speranza coincide con quella che si chiama iniezione esterna.
I poteri non hanno deciso la via del compromesso e di un cambio lento, ma si arroccano sulla montagna di immondizia.
E’ una scelta che può avere drammatiche conseguenze perché un paese può arrivare a un punto di sopportazione ma poi si “incazza”.
Nonostante i toni pacati di questa lettera sentiamo un senso di rabbia che se si potesse manifestare in forza butterebbe all’aria istituzioni, partiti e parlamento e getterebbe i pezzi in mare come in un dimenticatoio perenne.
Non riusciamo a esprimere con parole quello che è un senso di vuoto.
Davvero non sappiamo quale è la via.
Non ci sono vie …
E ci piacerebbe pensare che cosa ne pensano i migliaia di calabresi che accorrevano desiderosi a firmare a sostegno dell’indipendenza della magistratura o che ascoltavano in silenzio in una notte d’agosto di Soverato un’assemblea pubblica nella quale il dott. De Magistris illustrava lo stato delle cose.
Noi abbiamo visto questo miracolo, questo senso di speranza legato ad inchieste e legato al lavoro onesto di un magistrato.
Forse nessuno si è reso conto che quei cittadini calabresi si legavano col cuore a null’altro che a ciò che dovrebbe essere la dovuta normalità, e cioè un magistrato che lavora e una classe politica corrotta che andava punita.
Cioè siamo arrivati al punto di manifestare con passione viva un desiderio di normalità.
Qui infatti la normalità non esiste.
La normalità viene gambizzata ed esemplarmente punita.
Non ci sono parole oggi per esprimere un senso di riconoscenza al dott. De Magistris che probabilmente condividiamo con i calabresi onesti e non eroi che vivono e pretendono normalità.Una riconoscenza perché abbiamo rivisto, grazie a lui, l’immagine di una prospettiva e un senso di passione civile in questa terra davvero insoliti.
Ma è da quella passione civile che occorre ripartire.
Non vi sono Cassazioni in cui riporre fiducia purtroppo ma solo un senso di disgusto e speranza che deve farsi proposta, rigetto, distruzione e costruzione.
Non vi sono dubbi. Le code ai banchi firma, la gente incollata ai teleschermi, la gente pronta a scendere in piazza non deve dimenticare e noi siamo certi che non dimenticherà.
Non vi può essere potere che affossi quella forza che viveva negli animi.
Ne siamo spettatori e sappiamo quel che diciamo.
Esiste, dopo il fallimento di tutte le soluzioni di mediazione, una comunità di cuori e spiriti che deve ricostruirsi, capirsi e inventarsi un senso.
In questa comunità che deve cominciare a parlare e costruirsi sta davvero riposta la speranza concreta di un cambiamento.
La via non la conosciamo.
Ma è un qualcosa che esiste, vive ed oggi, dopo questa sentenza, ha trovato ancora di più il suo nemico: il potere, l’impunità, il vecchio, la paura.
Associazione Universitaria Calabrese Ulixes

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giovedì 24 gennaio 2008
Il "metodo Mastella"
Per dare una ulteriore prova della confusione che fa fra "politica" e "interessi personali", il sen. Clemente Mastella, poche ore prima di dimettersi dalla carica di Ministro della Giustizia, ha emesso il provvedimento di avvio della Scuola della Magistratura, nei termini previsti dal decreto legislativo n. 26/2006. Con quel provvedimento, ha indicato Benevento come sede principale della Scuola medesima (non Roma o Napoli, con riferimento alla "centralità geografica": Benevento), e ha designato i componenti del Comitato Direttivo, fra i quali ha inserito il Preside della Facoltà di giurisprudenza di Benevento, il suo (di Mastella) avvocato di famiglia e uno dei Sostituti Procuratori di Santa Maria Capua Vetere, lo stesso ufficio - ma forse è superfluo ricordarlo - che sta procedendo nei confronti suoi e della sua famiglia. Nessun commento è possibile, perchè "in claris non fit interpretatio".


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mercoledì 23 gennaio 2008

dal Blog Toghe : IL VOLTO MAFIOSO DELLE ISTITUZIONI

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Dopo aver lottato per tutta una vita..
è meglio perdere che perdersi..
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da:
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Il volto mafioso delle istituzioni
In attesa di trattare più approfonditamente alcuni aspetti della “vicenda De Magistris”, definito un “cattivo giudice” da Letizia Vacca, componente del C.S.M. “in quota” ai Comunisti Italiani, riportiamo qui una notizia di pochi giorni fa che potrebbe aiutare anche la prof. Vacca a inquadrare meglio il concetto dicattivo giudice”.
Si tratta della condanna in primo grado (dunque, non definitiva, essendo la sentenza soggetta alle ordinarie impugnazioni) di due importanti magistrati a cinque e sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e favoreggiamento della mafia.
Si tratta dell’ex Capo dei Gip di Messina (Marcello Mondello) e di un ex Sostituto Procuratore della Direzione Nazionale Antimafia (Giovanni Lembo).
Come accade ormai troppo spesso, questa notizia, come altre, purtroppo, è passata nel quasi assoluto silenzio dei media.
E’ stata quasi solo sussurrata.
Viene ritenuto clamoroso sui giornali che Luigi De Magistris “motivi troppo” un decreto di perquisizione (vedremo in altro articolo come questa sia uno dei motivi di condanna di Luigi al C.S.M.) e passano sotto silenzio i magistrati concorrenti e favoreggiatori della mafia.
Al solito, se si mette una stringa di ricerca su Google, si scopre che nessuno dei giornali e dei media di rilievo ha ritenuto “interessante” la notizia, che si trova solo in siti underground (ma d’altra parte è stata taciuta anche una condanna di Andreotti!).
Vi diamo la notizia a mezzo di un articolo scritto per noi da Marco Benanti, che ringraziamo di cuore per averci fatto questo “regalo”.
Questo articolo è l’occasione di dirvi di Marco.
Un giornalista coraggioso e indipendente (per questo ha vinto anche il premio Rocco Chinnici), che, ovviamente, vive il suo lavoro e la sua vita fra mille difficoltà in un regime nel quale l’informazione libera non è considerata virtù.
Per saperne di più su Marco, è sufficiente digitare “Marco Benanti” su Google.
Noi intanto vi segnaliamo due articoli su Peacelink e su Il Barbiere della Sera.
Nell’articolo di Marco si parla di un altro uomo impegnato in tante difficili battaglie, che per quelle ha pagato e paga “prezzi pesanti”: l'avv. Ugo Colonna.
Le vicende di Marco e dell’avv. Colonna ci sembrano emblematiche del fatto che non possiamo tirarci indietro e non possiamo credere di essere gli unici a pagare, per la giustizia e la verità, prezzi troppo cari.
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Continua su :
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Ha scritto Bertold Brecht:
I deboli non combattono
quelli più forti lottano forse per un’ora
quelli ancora più forti lottano per molti anni
ma quelli fortissimi lottano per tutta la vita.
Costoro sono indispensabili
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Ieri ho scritto un post. Per il momento non lo rendo pubblico.
Lo farò quando arriverà il tempo..
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Saluti
Fabrizio Frosini

lunedì 21 gennaio 2008

Oltre al presente, non dimentichiamo il passato di certi "signori"..

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Ringrazio di cuore Beppe Grillo per averci ricordato CHI è Totò CUFFARO (presidente della Regione Sicilia, nel passato militante nella corrente di Mannino della DC siciliana).
Questo “signore” (oggi abbracciato da Casini e da Cossiga, oltre che da tanti altri, per essere stato condannato a 5 anni – primo grado di giudizio, è vero, ma la condanna c’é) osò accusare pubblicamente di corruzione Giovanni Falcone e quei giudici che hanno dimostrato con la loro storia da che parte stavano : giudici che hanno dato la loro vita per la Giustizia e di fatto per tutti gli italiani – anche per quelli che sostenevano e continuano a sostenere, con il loro voto, quegli squallidi personaggi che un tempo sputavano in faccia a Falcone la loro rabbia e che ora stanno zitti, confidando che la memoria degli uomini è corta e parziale..
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NON DIMENTICHIAMO!
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Saluti a tutti
Fabrizio Frosini

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CUFFARO, da Costanzo, ACCUSA FALCONE DI ESSERE UN GIUDICE CORROTTO..!
http://it.youtube.com/watch?v=F5MZmJLMQ9Y
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COSSIGA, da Latella, SKY TV, DIMOSTRA IL PROPRIO SPESSORE DI UOMO E DI POLITICO, PRENDENDO LE DIFESE DI CUFFARO E DI MASTELLA CONTRO LA MAGISTRATURA
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da La Stampa di oggi :
intervista a Bruno Tabacci , di Fabio Martini
"Cuffaro, Cesa, Mele: ora basta assolverci da soli"
«Casini sbaglia a sottovalutare il caso Sicilia. Così la politica si riduce a casta arrogante»

Col compiacimento di chi si sente un libero pensatore, Bruno Tabacci scandisce parole grosse, che pochi altri politici possono permettersi: «Confesso che le brutte vicende di questi giorni - i rifiuti campani, la vicenda Mastella, la condanna a Cuffaro - mi hanno messo in una condizione di grande prostrazione. Nella vicenda politica oramai c’è soltanto la violenza delle diverse bande in campo. Comincio a provare disgusto per quel che siamo diventati: l’etica pubblica si disperde, siamo diventati campioni del conflitto di interesse, che esalta il nostro personale contro quello generale».
Allievo di Albertino Marcora, già presidente democristiano della Regione Lombardia negli anni della Prima Repubblica, indagato e assolto durante Tangentopoli, da anni Bruno Tabacci vive con indipendenza di giudizio la militanza nell’Udc e nel centrodestra.
Il leader del suo partito, Pier Ferdinando Casini, ha tirato un sospiro di sollievo perché il Governatore di Sicilia Totò Cuffaro non è mafioso e dunque può restare al suo posto dopo una condanna a 5 anni. Lei condivide?
«Non sono d’accordo con la sottovalutazione fatta da Casini. La mia solidarietà umana a Cuffaro è fuori discussione, ma nella mia coscienza emerge un dissenso politico per l’indifferenza con la quale si valutano le sentenze giudiziarie. Qui non stiamo parlando di un divieto di sosta».
Quale il messaggio che viene fuori dalla vicenda?
«Quello della furbizia. Non si può ridurre tutto ad uno scontro tra poteri, nel quale oltretutto non emerge un’autorevolezza della politica, capace di indicare la strada di un rinnovamento anche alla magistratura. Una politica che si erge invece a difesa della casta».
Si obietta, il processo è lungo, fatto di tre gradi...
«Non è la prima volta che si ragiona così. Anche qualche illustre banchiere si è mosso sulla linea dell’irrilevanza della condanna di primo grado. Non è un esempio».
Con questo atteggiamento minimalista, non si alimenta il qualunquismo?
«Esattamente. Così si fa crescere l’antipolitica, non ci si può assolvere da soli in un sistema democratico fondato sulla divisione dei poteri. D’altra parte il giustizialismo e la risposta della piazza all’ebbrezza del sangue e alla decapitazione delle classi dirigenti, lo conosciamo già. Solo una politica alta e credibile può spingere la magistratura a recuperare appieno il senso dello Stato».
Lo spaccato offerto dall’inchiesta Mastella non racconta una politica impicciona sino a diventare soffocante?
«Emerge un quadro nel quale è difficile distinguere tra reato e costume, tra fatti penalmente rilevanti e abitudini consolidate. Si staglia la crisi di una politica arrogante che giustifica ogni corporazione e furbizia, il prevalere dell’accaparramento personale sull’etica pubblica. Non sono più le raccomandazioni di Remo Gaspari. La sanità non è per il malato, ma per chi vi opera: la politica vuole controllare la sanità per controllare i bisogni dei cittadini nella debolezza della loro salute e condizionarne le scelte».
Nel Mezzogiorno l’etica pubblica fatica da decenni, ma al Nord la politica è davvero così disinteressata?
«Anche al Nord accadono certe cose e nella stessa Lombardia non è che i Formigoni ci vadano leggeri».
Se lei distingue le fasi del processo, non se la sente di rimproverare il segretario del suo partito, Lorenzo Cesa, o il collega di partito Cosimo Mele che sono ancora «a monte»...
«Non ho lesinato le critiche quando, nel venir meno dell’etica pubblica, poi si giustifica tutto».
Mastella che si è dimesso è meglio di Cuffaro?
«Dopo il suo intervento alla Camera, ho stretto la mano a Mastella e gli ho detto: “Dai subito dimissioni irrevocabili”. Lui mi ha risposto: “Prodi sta...”. E io: “Se pensi di utilizzare l’interesse di Prodi a galleggiare, non arrivi a stasera”. Se pensava di restare, non lo ha fatto e ha dato il segno di come ci si deve comportare in questi casi».
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sabato 19 gennaio 2008

La legge sono Loro? Ma se la Giustizia non c'é, allora ognuno può farsene una propria..

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Ieri il Tribunale di Palermo ha condannato il Presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro, detto “Totò”, a cinque anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio, nell’ambito del processo per le “talpe” nella Procura di Palermo.In sostanza, Cuffaro, rivelando segreti della Procura di Palermo (e la cosa fa riflettere, con riferimento all'abitudine di tanti ad addebitare sistematicamente le "fughe di notizie" alla magistratura), avrebbe favorito un indagato, informandolo che erano state attivate intercettazioni nei suoi confronti. Per avere un quadro seppure approssimativo dell’intera vicenda e delle persone coinvolte e condannate a pene fino a 14 anni di reclusione, si può leggerne una sintesi http://www.rainews24.it/notizia.asp?newsid=77749 . Il Tribunale ha escluso la circostanza aggravante del favoreggiamento alla mafia e bisognerà aspettare il deposito della motivazione della sentenza per sapere se questa esclusione si fondi sul fatto che favorire una persona coinvolta in una associazione mafiosa non equivalga a favorire l’associazione o se si fondi sulla mancanza di prova del fatto che il Cuffaro sapesse che la persona che stava favorendo era inserita in un’associazione mafiosa.L’ennesimo paradosso di questa vicenda giudiziaria è che il titolare di una carica politica di altissimo rilievo (Presidente di una Regione) viene condannato alla significativa pena di cinque anni di reclusione, ma:
1. si dichiara contento (: http://www.regione.sicilia.it/presidenza/ufficiostampa/ si può leggere il Comunicato stampa ufficiale della Regione Siciliana) ;
2. non si dimette;
3. grazie alle leggi proposte dagli ultimi due governi e non solo, anche se la sentenza divenisse definitiva, non sconterà un solo giorno di carcere, perché l’indulto ridurrebbe la pena da cinque a due anni di reclusione, consentendo la fruizione di una serie di benefici che impediscono la carcerazione, ma, soprattutto, perché le norme attuali sulla prescrizione faranno sì che il reato si prescriverà certamente prima della conclusione del processi di appello annunciato dal Cuffaro, sicché l’intera sentenza finirà nel nulla.
In relazione alle posizioni assunte in questi giorni dal senatore Cossiga, può essere interessante sapere che nello stesso sito ufficiale della Presidenza della Regione Siciliana appena citato si riferisce che il sen. Cossiga, Presidente emerito della Repubblica, ha telefonato al Cuffaro, rallegrandosi con lui (ma cosa ci sarà da rallegrarsi in una condanna a cinque anni di carcere!?) e confermandogli che lui rimane “il primo dei cossighiani”.
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Riportiamo su questa vicenda un articolo di Antonio Padellaro tratto da L’Unità del 19 gennaio 2008. Il titolo di questo post è quello originale dell'articolo di Padellaro.
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Condannato da un tribunale della Repubblica a cinque anni per favoreggiamento, il presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro comunica esultante: non mi dimetto. Uomo di parola, Totò lo aveva detto prima che senza l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra sarebbe rimasto al suo posto. L’asticella l’ha fissata lui, e adesso non sente ragioni. Almeno un amico degli amici si è giovato di una sua soffiata su certe microspie messe dagli investigatori. Con il risultato di vanificare intercettazione e indagini. Negli Stati Uniti per molto meno ti sbattono in galera e buttano la chiave. Qui da noi ti dedicano una fiaccolata. A quanto si è capito, secondo i giudici, favorire un mafioso non significa favorire la mafia. Siamo o no la patria del diritto? La condanna resta comunque grave, una macchia pesante per un uomo politico che dovrebbe difendere la propria immagine di onestà sopra ogni altra cosa. Non certo per “vasa vasa”, abituato a baciare sulle guance tanta di quella gente, ovviamente senza mai chiedergli la fedina penale. Lo abbiamo visto, raggiante, raccogliere il meritato successo a palazzo di giustizia. Dicono che nelle chiese palermitane i suoi fedeli abbiano pregato per l’assoluzione, e se anche il miracolo non c’è stato a Totò va benone lo stesso. Alleluja. Tra sconti di pena e indulto di quei cinque anni ne resterà ben poco. E quanto all’interdizione dei pubblici uffici, scatta a sentenza definitiva. Totò sorride e vasa e vasa. Immacolato è. È un arroganza che lascia senza parole, ma scandalizzarsi serve poco. I tanti Cuffaro disseminati nel nostro bel paese della legge se ne fottono allegramente perché “loro” si considerano la legge. E quanto alle sentenze, dipende dal punto di vista. Infatti, Cuffaro festeggia la condanna che considera un’assoluzione e subito si crea una festosa processione di solidarietà guidata da Pierferdinando Casini. Il quale dimentico di aver ricoperto il ruolo di terza carica dello Stato, con una certa dignità, si congratula e approva con questo stravagante sillogismo: Totò non è colluso e quindi è giusto che resti presidente. Con questa logica potevano anche dargli dieci anni o venti e il leader Udc avrebbe ugualmente stappato lo spumante. Bravo Totò sei tutti loro, ma occhio alla prossima soffiata.
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In questo venerdì di ordinaria giustizia spicca pure il rinvio a giudizio di Berlusconi chiesto dalla Procura di Napoli per corruzione. La storia è quella della famosa telefonata al prono Saccà con le aspiranti attrici tv “segnalate” in cambio di favori. Qui la tecnica è collaudatissima. Se Totò minimizza, Silvio s’indigna. E giù insulti contro il partito delle procure che i bravi berluscones rincarano in pieno delirio mistico accusando i magistrati di barbarie e altre nefandezze.
Poi i due si congratulano vicendevolmente solidarizzando con Mastella. Il quale da Ceppaloni nel pieno rispetto dell’autonomia della magistratura definisce una «macchietta» il procuratore di Santa Maria Capua Vetere che lo ha inquisito con moglie e parenti.
Vendetta tremenda vendetta: il leader dell’Udeur pretende da tutta la maggioranza un voto di solidarietà, altrimenti addio governo. Probabilmente lo avrà.
Alla fine l’unico, vero colpevole della giornata sarà il pm di Catanzaro De Magistris.
Duramente sanzionato dal Csm viene trasferito da Catanzaro e non sarà più pm.
Così impara a indagare sui politici.
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P.S. L’altra sera in tv il sondaggista Renato Mannheimer calcolava in 7 su 100 gli italiani che nutrono ancora fiducia nella politica. Coraggio, lo zero è vicino.
(Antonio Padellaro)
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Quanto segue è un mio commento nella discussione sulle Liste Civiche del Meetup Firenze :
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Poiché ricevo ancora messaggi da parte di metuppers che sono scettici sul successo di nostre Liste Civiche (o che addirittura temono il nostro futuro arruolamento nella casta..!!), permettetemi di riproporre un'ultima volta il mio pensiero: CHI RITIENE CHE NON COSTITUIRE NOSTRE LISTE CIVICHE SIA LA COSA MIGLIORE DA FARE, VALUTI QUANTO ESPLICITATO DA MONFORTE, A NOME DI TUTTI COLORO CHE HANNO DECISO DI DAR VITA AL COORDINAMENTO TOSCANO :
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..il deficit di democrazia, sostanziale e sempre piú anche formale, nelle nostre città e nella nostra regione è ormai allarmante e non è recuperabile attraverso una semplice autoriforma. Tale deficit è, infatti, organico al dominio di quella che è ormai nota come «casta», a cui fa capo tutto l'insieme dei partiti (nei loro diversi colori), di seguiti e di liste d'attesa, di organizzazioni collaterali e di associazioni fiancheggiatrici, «casta» interconnessa con le lobbies finanziarie e affaristiche. Esistono ormai dei veri e propri comitati d'affari, articolati in tutta la regione; ne è l'espressione il cosiddetto «modello toscano» (il quale ha addirittura anticipato analoghi indirizzi a livello nazionale), che ha prodotto ... riduzione della democrazia a vuota forma, degrado della stessa condizione di cittadini, ridotti a diventare moderni sudditi. Si è, in sintesi, prodotta una crisi generalizzata di civiltà.Ribadita l'esigenza inderogabile di contrastare con il massimo di incisività ed efficacia questa situazione, ... aprire subito il processo di costruzione del Coordinamento toscano del movimento cittadino, che raccolga e componga liste, comitati, associazioni varie, nella piena autonomia di ogni realtà ... ma nella loro interconnessione, dal locale al regionale, sia riguardo alle iniziative in corso e in preparazione, sia in previsione delle future scadenze elettorali. E avviando da subito anche la stabilizzazione dei collegamenti extra-regionali con le realtà affini.
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E abbiate anche presente che, se non ci saranno nostre Liste Civiche alle prossime elezioni (di qualsiasi genere), tantissimi italiani perbene NON ANDRANNO A VOTARE, semplicemente,.. con il risultato che i soliti continueranno a fare quello che stanno facendo da troppo tempo.. Si vuole forse questo? Da parte mia: no, non voglio che tutto continui come ora.. pertanto sarò alla riunione del Coordinamento di giovedì 24 gennaio, ore 21 (Circolo Bencini, Via Mercadante, Firenze). E anche alla riunione del 26 , organizzata da Pardi.
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Quanto segue è stato invece scritto da Serenetta Monti, Meetup Roma. Mi è piaciuto e lo ripropongo a voi per una riflessione generale.. nella considerazione che USCIRE DALLE TANE ha per me un preciso significato: DIVENTIAMO SOGGETTO POLITICO A TUTTO TONDO.
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"Scrivo questa mail con la consapevolezza che la leggerete e rifletterete... ma non tutti parteciperete, sarebbe davvero impossibile. Purtroppo. Non voglio criticare, ma la giornata di ieri, 18 gennaio 2008 è stata devastante per chiunque abbia ancora un senso di giustizia vivo e il desiderio di vivere in un paese in cui la legalità è pane quotidiano e i magistrati non vengono vissuti come i giudici del film di Stallone "Dredd"... ma come i difensori della legalità di cui sopra. De Magistris trasferito... a poca distanza dalla notizia della condanna di Cuffaro... che proclamava che sarebbe, comunque, rimasto a svolgere il suo lavoro... e a poche ore dai domiciliari della moglie di Mastella... che pretendeva di dirigere da casa il Consiglio Regionale, sotto arresto. Ma se c'è ancora qualcuno (parlo di tecnici) che ha un briciolo di dignità dentro i palazzi di potere... dovrà passare la Proposta di Legge "Parlamento Pulito"!! La faremo estendere agli enti locali! "Non dobbiamo, non possiamo, non vogliamo"... queste le frasi del Papa nel film Il marchese del Grillo (lui non voleva riconoscere l'impero) Beh, neanche noi!!! non possiamo permettere di essere trattati come incapaci mentali, come se non capissimo che loro mangiano a quattro palmenti tutti i giorni e noi fatichiamo per pagare le bollette!!! Ora basta! Ieri sono morti altri quattro lavoratori, due quelli asfissiati del porto di Marghera... di cui uno interinale... morire e non poter lasciare neanche uno straccio (perchè quello sono diventate le pensioni) di pensione ai famigliari! Niente! così i famigliari perdono il loro caro... e chi portava il pane a casa. E i giudici che vogliono scoperchiare i pentoloni in cui ribolle tutto questo fango... trasferiti... e il cittadino.... gli rimarrebbe solo emigrare. Invece no!dobbiamo essere più tignosi che mai! sono LORO che devono andare via: i Mastella, i Berlusconi, i D'Alema, i Bertinotti, I Fini, i Casini... non importa il colore. BASTA! Dobbiamo lavorare sempre di più, tra noi e con gli altri, dobbiamo insinuarci in questa città e in questo paese come un cancro: le metastasi devono arrivare ovunque! Saremo l'unico caso di tumore benigno con metastasi. Per fare questo, dobbiamo uscire tutti dalle tane, partecipare, informarci e divulgare: al mio vicino, al mio barista, al postino, in fila alla posta Basta protestare. Parliamo di noi con gli altri. Raccontiamoci: siamo degli illusi che vogliono cambiare il sistema? va beh... qualcuno ci risponderà... "meno male che è rimasto qualcuno", invece di prenderci per matti. Ma dobbiamo uscire!" (Serenetta Monti , Meetup Roma)
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Grazie Serenetta.

Saluti
Fabrizio Frosini

venerdì 18 gennaio 2008

Cronache Italiane.. ora si scopre l'acqua calda: la politica "ama" la sanità..

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Franca Rame si dimette da Senatrice con una lettera nobile che descrive puntualmente che cosa sia e a CHI / cosa serva il Parlamento Italiano..
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Intanto, con l’UDEUR ARRESTATO in blocco e MASTELLA IN BRAGHE DI TELA, si scopre l’acqua calda, ovverosia che la SANITÀ è un “piatto” ricchissimo e da sempre e DOVUNQUE introgolato da politici di tutte le risme e colori e dalle cosche politico-affaristiche (fino al malaffare più squallido e finanche criminale) – con buona pace di tutti coloro che chiedono una sanità dalla parte dei MALATI e non degli AFFARI..
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Come lucidamente scrive Lucia Annunziata: cosa è di fatto la mafia, se non la prassi di gruppi che piegano le regole del gioco, prendendo a calci legalità e giustizia? Che ci siano morti ammazzati dalla lupara o (molti, moltissimi di più) morti a causa delle conseguenze del malaffare, è di ininfluente distinzione, perché il risultato è lo stesso, anche se di diverso impatto mediatico. Il colore del sangue sull’asfalto ha infatti un effetto visivo che centinaia di “morti bianche” non posseggono.. «Cos’è la camorra, la malavita, la corruzione vera, se non la ricerca di una zona franca che permetta ai legami familiari, di gruppo, di sangue, o di convinzione ideologica, di contare più delle regole comuni della società
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Mafia.. c’è quella che spara e quella che strangola con metodi diversi da quelli usati comunemente dai criminali. Questo blog ha descritto in questi mesi vicende che in tanti ben conoscono.. ha descritto un metodo e un’organizzazione che Gian Antonio Stella riporta come “un'intrusione massiccia.. capillare”. E con preciso riferimento alla Toscana scrive: «..lì il "partito" è così forte che se ne stanno tutti quieti e zitti».
Ma la magistratura sa. E allora..? Silenzio.. Muro di gomma.. Collusione..? Sembra la Campania dei rifiuti.. nessuno è responsabile dello scempio.. nessuno paga.. a parte i cittadini.
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L’Udeur, oggi, minaccia l’Unione: o uniti dietro a Mastella o crisi di Governo.. Metodo mafioso. E pertanto inaccettabile per chi ha dignità e coscienza. Ma questo Governo di Centro-Sinistra ha da molto tempo dimostrato di non averle. Vale per l’Italia come per la Toscana.
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Scrive Mario Monforte : «..esistono ormai dei veri e propri comitati d’affari, articolati in tutta la regione; ne è l’espressione il cosiddetto «modello toscano» (il quale ha addirittura anticipato analoghi indirizzi a livello nazionale), che ha prodotto .. riduzione della democrazia a vuota forma, degrado della stessa condizione di cittadini, ridotti a diventare moderni sudditi. Si è, in sintesi, prodotta una crisi generalizzata di civiltà. ..»
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E da qui: «..l’esigenza inderogabile di contrastare con il massimo di incisività ed efficacia questa situazione..»
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Seguono : lettera di dimissioni di Franca Rame, articoli di Lucia Annunziata e G.L. Stella, notizia della condanna del Presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, e della richiesta del rinvio a giudizio per Berlusconi per il caso Rai fiction.. Insomma, un’altra giornata sta passando..
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Saluti
Fabrizio Frosini

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Franca Rame: le mie dimissioni
Roma, 15 gennaio 2008


Gentile Presidente Marini,
con questa lettera Le presento le mie dimissioni irrevocabili dal Senato della Repubblica, che Lei autorevolmente rappresenta e presiede.
Una scelta sofferta, ma convinta, che mi ha provocato molta ansia e anche malessere fisico, rispetto la quale mi pare doveroso da parte mia riepilogare qui le ragioni.
In verità basterebbero poche parole, prendendole a prestito da Leonardo Sciascia: «Non ho, lo riconosco, il dono dell’opportunità e della prudenza, ma si è come si è».
Il grande scrittore siciliano è, in effetti, persona che sento molto vicina, (eravamo cari amici) sia per il suo impegno culturale e sociale di tutta la vita, sia perché a sua volta, nel 1983, a fine legislatura decise di lasciare la Camera dei Deputati per tornare al suo lavoro di scrittore.
Le mie motivazioni, forse, non sono dissimili dalle sue. Del resto, io mi sono sentita “prestata” temporaneamente alla politica istituzionale, mentre l’intera mia vita ho inteso spenderla nella battaglia culturale e in quella sociale, nella politica fatta dai movimenti, da cittadina e da donna impegnata. E questo era ed è il mandato di cui mi sono sentita investita dagli elettori: portare un contributo, una voce, un’esperienza, che provenendo dalla società venisse ascoltata e magari a tratti recepita dalle istituzioni parlamentari.
Dopo 19 mesi debbo constatare, con rispetto, ma anche con qualche amarezza, che quelle istituzioni mi sono sembrate impermeabili e refrattarie a ogni sguardo, proposta e sollecitazione esterna, cioè non proveniente da chi è espressione organica di un partito o di un gruppo di interesse organizzato.
Ma andiamo per ordine.
Nel marzo del 2006, l’Italia dei Valori mi propose di candidarmi come senatrice alle elezioni. Ho riflettuto per un mese prima di sciogliere la mia riserva, mossa da opposti sentimenti, ma alla fine ho maturato la convinzione che per contribuire a ridurre i danni prodotti al Paese dal governo retto da Silvio Berlusconi e dall’accentramento di poteri da lui rappresentato, ogni democratico dovesse impegnarsi in prima persona nell’attività politica.
Ho infine accettato, ringraziando l’On. Di Pietro per l’opportunità che mi aveva offerto, pensando, senza presunzione, che forse avrei potuto ricondurre alle urne, qualcuna o qualcuno dei molti sfiduciati dalla politica.
Ecco così che il 12 aprile 2006 mi sono ritrovata a far parte, alla mia giovane età (!!), del Senato della Repubblica carica d’entusiasmo, decisa a impegnarmi in un programma di rinnovamento e progresso civile, seguendo le proposte portate avanti durante la campagna elettorale dell’Unione, soprattutto quella di riuscire a porre fine all’enorme e assurdo spreco di denaro pubblico.
Ho così impegnato la mia indennità parlamentare per lavorare in questa direzione, anche organizzando (giugno 2006) un convegno con un gruppo di professionisti tra i più valenti, al fine di tracciare le linee di un progetto in grado di tagliare miliardi di euro di spese dello Stato nel settore dei consumi energetici, delle disfunzioni della macchina giudiziaria e dell’organizzazione dei servizi.
A questo convegno ho invitato Senatori della commissione ambiente e altri che ritenevo sensibili ai temi in discussione.
Non ne è venuto uno.
Ho inoltre presentato un disegno di legge (4 luglio 2006) con cui chiedevo che i funzionari pubblici, condannati penalmente, venissero immediatamente licenziati, trovando su questo terreno l’adesione di parlamentari impegnati nella stessa direzione, quali i Senatori Formisano, Giambrone, Caforio, D’Ambrosio, Casson, Bulgarelli, Villecco Calipari, Russo Spena e molti altri, compresi numerosi deputati.
È nato così il progetto delle “10 leggi per cambiare l’Italia”.
Ho anche acquistato spazi su alcuni quotidiani e sul web, per comunicare i punti essenziali di questo progetto. Ma anche questa iniziativa non ha suscitato interesse nei dirigenti dei partiti del centro sinistra.
Nei quasi due anni trascorsi in Senato, ho presentato diverse interrogazioni.
Tutte rimaste senza risposta.
Ho presentato numerosi emendamenti, ma non sono stati quasi mai accolti.
Questa, per la verità, è la sorte che capita a quasi tutti i Senatori.
In seguito a una inchiesta da me condotta sul precariato in Parlamento, sei mesi fa mi sono impegnata nella stesura di un disegno di legge (presentato 18 luglio) in difesa dei diritti dei collaboratori dei parlamentari: illegalità, evasione contributiva e sfruttamento proprio all’interno della istituzione parlamentare!
Mi sono contemporaneamente impegnata su questioni drammatiche e impellenti, quali la necessità che il Ministero della Difesa riconoscesse lo status di “vittime di guerra” ai reduci dei conflitti nei Balcani, Iraq e Afghanistan, avvelenati dai residui dell’esplosione dei proiettili all’uranio impoverito.
Quanti sono i militari deceduti? Mistero.
Quanti gli ammalati ignorati senza assistenza medica né sostegno economico? Mistero. Le cifre che si conoscono sono molto contraddittorie.
Quello che si sa con certezza è che ci sono famiglie che per curare il figlio si sono dissanguate e alla morte del congiunto non avevano nemmeno i mezzi per pagare la tomba.
Anche per questa tragica campagna d’informazione ho acquistato spazi su quotidiani e web. Grazie ad alcuni media e a “Striscia la notizia” di Antonio Ricci, il problema è stato portato per quattro volte al grande pubblico: giovani reduci dei Balcani gravemente colpiti, raccontavano la tragedia che stavano vivendo. Dopo tanto insistere, finalmente il Ministro Parisi, se ne sta occupando: speriamo con qualche risultato concreto.
Posso dire serenamente di essermi, dall’inizio del mio mandato a oggi, impegnata con serietà e certamente senza risparmiarmi.
Ma non posso fare a meno di dichiarare che questi 19 mesi passati in Senato sono stati più duri e faticosi della mia vita.
A volte mi capita di pensare che una vena di follia serpeggi in quest’ambiente ovattato e impregnato di potere, di scontri e trame di dominio.
L’agenda dei leader politici è dettata dalla sete spasmodica di visibilità, conquistata gareggiando in polemiche esasperate e strumentali, risse furibonde, sia in Parlamento che in televisione e su i media.
E spesso lo spettacolo a cui si assiste non “onora” gli “Onorevoli”.
Al Senato non si usa ascoltare chi interviene, anche se l’argomento trattato è più che importante. No, la maggior parte dei presenti chiacchiera, telefona su due, tre cellulari, legge il giornale, sbriga la corrispondenza..
In Senato, che ho soprannominato “il frigorifero dei sentimenti” non ho trovato senso d’amicizia. Si parla... sì, è vero... ma in superficie. Se non sei all’interno di un partito è assai difficile guadagnarsi la “confidenza”. A volte ho la sensazione che nessuno sappia niente di nessuno... O meglio, diciamo che io so pochissimo di tutti.
In Aula, quotidianamente, in entrambi gli schieramenti (meno a sinistra per via dei numeri risicati), vedi seggi vuoti con il duplicato della tessera da Senatore inserita nell’apposita fessura, con l’intestatario non presente: così risulti sul posto, anche se non voti e non ti vengono trattenuti 258 euro e 35 centesimi per la tua assenza, dando inoltre la possibilità ai “pianisti” di votare anche per te, falsando i risultati.
Questo comportamento in un Paese civile, dove le leggi vengono applicate e rispettate, si chiama “truffa”.
La vita del Senatore non è per niente comoda e facile per chi voglia partecipare seriamente ed attivamente ai lavori d’Aula. Oltre l’Aula ci sono le commissioni. Ne ho seguite quattro: Infanzia, Uranio impoverito, Lavori pubblici e comunicazione, Vigilanza Rai.
A volte te ne capitano tre contemporaneamente e devi essere presente a ognuna o perché è necessario il numero legale o perché si deve votare. È la pazzia organizzata!
Se queste riunioni si facessero via web si ridurrebbero i tempi e si potrebbe arrivare velocemente alle conclusioni, ma l’era del computer non ha ancora toccato i vertici dello Stato!
E tutto questo attivismo produce un effetto paradossale: la lentezza. Si va lenti.. “lenti” in tutti i sensi.
Nel nostro Parlamento l’idea del tempo è quella che probabilmente hanno gli immortali: si ragiona in termini di ere geologiche, non certo sulla base della durata della vita umana e degli impellenti bisogni della gente.
Oltretutto mi sento complice di una indegnità democratica. Stiamo aspettando da 19 mesi, che vengano mantenute le promesse fatte in campagna elettorale. Non è stata ancora varata, ad esempio, la legge sul conflitto d’interessi, e ritengo questo ritardo gravissimo. Non è stata liberata la Rai dai partiti, non è stato fissato un antitrust sulle televisioni, mentre in compenso tutte le leggi del governo Berlusconi, assai criticate anche all’estero, sono in vigore, il falso in bilancio continua a essere depenalizzato, la ex Cirielli continua a falcidiare migliaia di processi.
Contemporaneamente il governo ha bloccato il processo sul sequestro di Abu Omar sollevando due conflitti d’attribuzione davanti alla Corte costituzionale. E ha creato i presupposti perché al Pubblico Ministero Luigi De Magistris vengano tolte le indagini su politici di destra e di sinistra e il Giudice Clementina Forleo venga fatta passare per esaltata e bizzarra.
Nonostante gli impegni programmatici sulla legge Bossi-Fini e sui Centri di permanenza temporanea, che sarebbe più appropriato definire centri di detenzione, dove sono negati i diritti più elementari, non ci sono novità.
Ora stiamo aspettando anche in Senato il disegno di legge che vieta ai giornali di pubblicare le intercettazioni e gli atti d’indagini giudiziarie, già votato alla Camera da 447 deputati, con soli 7 astenuti e nessun contrario.
Come andrà in Senato? In tante occasioni ho fatto prevalere, sui miei orientamenti personali la lealtà al governo e allo schieramento in cui sono stata eletta, ma questa volta non potrei che votare contro.
Il Paese si trova in gran difficoltà economica: disoccupazione, precarietà, caro vita, caro affitti, caro tutto... pane compreso.
Che dire della lontananza sconvolgente che c’è tra il governo e i reali problemi della popolazione?
E che dire dei 1030 morti sul lavoro nel solo 2007 (cifra peraltro destinata a crescere con la stabilizzazione dei dati Inail). Ben venga il disegno di legge del ministro Damiano e il nuovo Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro. Non è mai troppo tardi. Solo un po’...
Che dire dell’indulto di “tre anni” approvato con una maggioranza di 2/3 del Senato, con l’appoggio di UDC, Forza Italia e AN?
Era certamente indispensabile alleggerire il disumano e incivile affollamento delle carceri, ma con un criterio che rispondesse davvero al problema nella sua essenza, con un progetto di riforma strutturale del sistema penitenziario, con il coinvolgimento delle innumerevoli associazioni del volontariato privato-sociale, che storicamente operano sul territorio nazionale e locale.
A migliaia si sono trovati per strada e molti senza un soldo né una casa, né tanto meno un lavoro. Dodici donne italiane e straniere furono dimesse dal carcere di Vigevano a notte fonda in piena e desolata campagna!
La notte stessa e nei mesi a seguire, circa il 20% degli scarcerati è ritornato in cella. Sono anni che le carceri scoppiano... nessuno ha mai mosso un dito. Di colpo arriva l’indulto!
È difficile non sospettare che il vero obiettivo di questa legge proposta dal governo, fosse soprattutto quello di salvare, in fretta e furia, dalla galera importanti e noti personaggi incriminati, industriali e grandi finanzieri, e soprattutto politici di destra e qualcuno anche di sinistra...
Che dire dei deputati e senatori condannati e inquisiti che ogni giorno legiferano e votano come niente fosse?
Che dire di una finanziaria insoddisfacente alla quale siamo stati obbligati a dare la fiducia, altrimenti non avrebbe avuto i voti per passare?
Che dire del consenso dato dal governo Prodi nel 2006 e riconfermato, “di persona” dal Presidente Napolitano a Bush nel 2007, per la costruzione della più grande base americana d’Europa a Vicenza?
Gli impegni presi da Berlusconi sono stati mantenuti.
I vicentini hanno diritto di manifestare in centinaia di migliaia, con la solidarietà di molti italiani, ma non di ottenere attenzione e rispetto delle proprie ragioni.
Che dire del costante ricatto, realizzato da questo o quell’onorevole, di far cadere il governo per cercare di ottenere privilegi o cariche?
Quante volte, per non farlo cadere, ’sto benedetto governo, ho dovuto subire il ricatto e votare contro la mia coscienza? Troppe. Tanto da chiedermi spesso: “Cosa sono diventata? La vota rosso-vota verde?”.
Avrei voluto da questo governo un atteggiamento più deciso nel ritiro delle truppe dall’estero, in particolare dai teatri di conflitti ancora aperti e sanguinosi come in Afghanistan, dove il nostro ruolo è sempre più belligerante.
E invece le spese militari aumentano di anno in anno.
La prima volta che ho sentito forte la necessità di allontanarmi da questa politica svuotata di socialità, è stato proprio con il rifinanziamento delle missioni italiane “di pace” all’estero. Ero decisa a votare contro, ma per senso di responsabilità, e non mi è stato facile, mi sono dovuta ancora una volta piegare.
E non mi è piaciuto proprio. Credo che il mio malessere verso queste scelte sia ampiamente condiviso dai molti cittadini che hanno voluto questo governo, e giorno dopo giorno hanno sentito la delusione crescere, a seguito di decisioni sempre più distanti da loro, decisioni che li hanno alla fine, allontanati dalla politica.
In queste condizioni non mi sento di continuare a restare in Senato dando, con la mia presenza un sostegno a un governo che non ha soddisfatto le speranze mie e soprattutto quelle di tutti coloro che mi hanno voluta in Parlamento e votata. La prego quindi signor Presidente di mettere all’ordine del giorno dell’Assemblea le mie irrevocabili dimissioni.
Non intendo abbandonare la politica, voglio tornare a farla per dire ciò che penso, senza ingessature e vincoli, senza dovermi preoccupare di maggioranze, governo e alchimie di potere in cui non mi riconosco.
Non ho mai pensato al mio contributo come fondamentale, pure ritengo che stare in Parlamento debba corrispondere non solo a un onore e a un privilegio ma soprattutto a un dovere di servizio, in base al quale ha senso esserci, se si contribuisce davvero a legiferare, a incidere e trasformare in meglio la realtà. Ciò, nel mio caso, non è successo, e non per mia volontà, né credo per mia insufficienza.
È stato un grande onore, per il rispetto che porto alle Istituzioni fondanti della nostra Repubblica, l’elezione a Senatrice, fatto per il quale ringrazio prima di tutto le donne e gli uomini che mi hanno votata, ma, proprio per non deludere le loro aspettative e tradire il mandato ricevuto, vorrei tornare a dire ciò che penso, essere irriverente col potere come lo sono sempre stata, senza dovermi mordere in continuazione la lingua, come mi è capitato troppo spesso in Senato.
Mi scuso per la lunga lettera, signor Presidente, ma sono stata “in silenzio” per ben 19 mesi!
Roba da ammalarmi!
Prima di accomiatarmi non posso non ricordare quelle colleghe e colleghi di gran valore intellettuale e politico che ho avuto l’onore di conoscere. Tra questi una particolare gratitudine va ad Antonio Boccia, che fin dall’inizio mi ha tenuta sotto la sua ala protettrice con amichevole affetto, consigliandomi e rincuorandomi nei momenti difficili.
Un pensiero particolare al Ministro Di Pietro e i Senatori di Italia dei Valori e a chi ha dimostrato simpatia nei miei riguardi.
Rimane il rammarico di non aver potuto frequentare, se non rarissime volte, i colleghi oltre le mura del Senato.
Infine un ringraziamento sentito alla Senatrice Binetti e al Senatore Tomassini che con grande umanità hanno superato le ideologie che ci dividono, per soccorrere uniti, un bimbo di 6 anni in grande difficoltà.
Augurandomi che Lei possa comprendere le mie motivazioni, desidero ringraziarLa per la gentilezza e disponibile accoglienza che mi ha accordato.
La saluto con stima sincera
Franca Rame

www.francarame.it
http://www.francarame.it/files/manchette_dimissioniFR.pdf
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Corriere della sera, 18 gennaio 2008 , Gian Antonio Stella
Sanità e tessere, così fan tutti
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Dalle intercettazioni su Mastella la conferma che la politica ha allungato le mani sulla sanità
Padiglione per padiglione, reparto per reparto, corsia per corsia
«Cercasi radiologo targato Ds». «AAA. Cercasi pediatra vicino An». «AAA. Cercasi neurochirurgo convintamente Udc». Dovrebbero avere l'onestà di pubblicare annunci così, i partiti: sarebbero più trasparenti. Perché questo emerge dalle intercettazioni della «Mastella Dynasty»: la conferma che la politica ha allungato le mani sulla sanità. Padiglione per padiglione, reparto per reparto, corsia per corsia. A donna Alessandrina, che oltre a preparare cicatielli con ragù di tracchiole si diletta di spartizione di poltrone, sarebbero servite «due cortesie: una in Neurochirurgia e una in Cardiologia». Il marito invece, a sentire lo sfogo telefonico del consuocero Carlo Camilleri, si sarebbe arrabbiato assai per «l'incarico di primario a ginecologia al fratello di Mino Izzo... Ma ti pare... Proprio il fratello di uno di Forza Italia che è di Benevento ed è contro di me... Ma non teniamo un altro ginecologo a cui dare questo incarico?». Vi chiederete: che se ne fa Clemente d'un ginecologo «suo»? E poi, con nove milioni di processi pendenti e i tagli folli ai bilanci dei tribunali e i giudici che si portano la carta igienica da casa, come faceva il ministro della Giustizia a trovare il tempo di occuparsi della bottega clientelare?
Ecco il punto: è in corso da anni, ma diventa sempre più combattuto e feroce, un vero e proprio assalto dei segretari, dei padroni delle tessere, dei capi-corrente al mondo della sanità. Visto come un territorio dove distribuire piaceri per raccogliere consensi. Vale per il Sud, vale per il Nord. Per le regioni d'un colore o di un altro. Nella Vibo Valentia in mano al centrosinistra ardono le polemiche sulla decisione di distribuire 40 primariati (di cui 38 a compaesani vibonesi: evviva l'apertura alle intelligenze mondiali), 85 «primariati junior» e 153 bollini d'«alta specializzazione» in coincidenza con le primarie del Pd e il consolidamento del Partito Democratico Meridionale di Loiero, capace di folgorare un uomo noto in città come il primario del 118 Antonio Talesa, prima con An. Nel Veneto divampano quelle sull'«arroganza» (parola del capogruppo leghista in Regione Franco Manzato) di Giancarlo Galan. Il quale è messo in croce da un paio di settimane dai suoi stessi alleati del centro-destra per le nomine dei direttori generali nelle Asl. «Poltrone per la Lega, una. Per An, zero. Per l'Udc, zero. Per i fedelissimi del presidente, tutte le altre», ha riassunto un giornale non sinistrorso come Libero. «Un sistema feudale», secondo Raffaele Zanon, di An. In pratica, accusa Stefano Biasioli, il segretario della Cimo, la più antica delle sigle sindacali dei medici ospedalieri, additata come vicina ai moderati, «Galan ha nominato 23 fedelissimi su 24 direttori. Tranne che a Bussolengo (lì ha dovuto cederne uno al sindaco di Verona Tosi) sono tutti suoi. Di Forza Italia...».
Ma non diverse sono le accuse, a parti rovesciate, contro la gestione delle Asl «unioniste» toscane, umbre, emiliano-romagnole, «solo che lì il "partito" è così forte che se ne stanno tutti quieti e zitti», rincara Biasioli. Per non dire dei veleni intorno alla distribuzione di cariche nella sanità campana, cuore delle inchieste di oggi. O degli scontri interni alla destra per l'accaparramento dei posti in Sicilia, dove su tutti svetta l'Udc di Totò Cuffaro. Il quale non casualmente è un medico in una terra in cui i medici (compresi quelli legati alla mafia come Michele Navarra o più recentemente Giuseppe Guttadauro) hanno sempre pesato tantissimo. Quanto questo peso sia attuale si è visto, del resto, alle ultime comunali di Messina. Quando tra i candidati c'erano almeno 111 medici. In buona parte ospedalieri. Tra i quali, in particolare, una ventina del «Papardo», la più importante struttura peloritana: il primario di oculistica e quello del laboratorio analisi, il primario di medicina e quello di neurologia, il primario di pneumologia e quelli di chirurgia vascolare, cardiologia, rianimazione. Quasi tutti schierati con An. E indovinate a che partito apparteneva il direttore generale? Esatto: An. «Li hanno militarizzati tutti», accusò indignato Nunzio Romeo, il candidato del Mpa. Peccato che lui stesso fosse medico e presidente dell'Ordine dei Medici e guidasse a nome del medico Raffaele Lombardo una lista con 41 medici.
Pietro Marrazzo, il governatore del Lazio, dice che basta, per quanto lo riguarda è ora di finirla: «Se vogliamo marcare una svolta di sistema io ci sto. Sono qui. Disposto a rinunciare già domani mattina alla facoltà di nominare i direttori generali». Ma quanti colleghi lo seguirebbero? E cosa direbbero i partiti che sostengono la sua giunta all'idea di rinunciare alla possibilità di incidere su un settore chiave come questo? E' una tentazione comune a tutti, accusa Carlo Lusenti, segretario dell'Anao: «Se non sempre, la politica mette il naso 9 volte su 10. Per carità, non c'è solo la politica. Ci sono le lobby universitarie, le cordate, i sindacati... Però...». «E' un'intrusione massiccia. Capillare», conferma Biasioli, presidente della Società ligure di chirurgia Edoardo Berti Riboli: «Nel nostro ambiente si procede soltanto grazie al partito. Fra destra o sinistra non faccio differenze. Hanno la stessa voracità, solo che la sinistra è molto più strutturata». Capita nell'«azzurra» Lombardia dove la stessa Padania scatenò due anni fa una campagna contro «lo strapotere di Comunione e Liberazione negli ospedali regionali». Arrivando a pubblicare un elenco di «primari ciellini» e un'indimenticabile lettera di Raffaele Pugliese. Lettera in cui il primario del Niguarda ricordava ai «suoi» pazienti quanto fosse fantastica la sanità lombarda. Quindi? «Mi permetto di suggerirLe di sostenere la rielezione dell'attuale presidente della giunta regionale Roberto Formigoni». E torniamo al tema: alcuni saranno bravi, altri geniali, altri straordinari. Ma perché dovremmo affidare la nostra pelle a un medico scelto per la tessera? E se il «mio» chirurgo fosse un fedelissimo trombone?
(Gian Antonio Stella , 18 gennaio 2008)
http://www.corriere.it/politica/08_gennaio_18/sanita_tessere_stella_26a5882a-c58d-11dc-8434-0003ba99c667.shtml
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La Stampa , 18 gennaio 2007 , di Lucia Annunziata
Così fan tutti

Per il bene di Sandra e Clemente, ma ancora di più delle istituzioni (sarebbe davvero uno scandalo di proporzioni enormi un processo nei confronti di un ministro della Giustizia), siamo fra coloro che sperano che le accuse di queste ore si sciolgano al sole di una verifica. Ma mentre il governo e il premier attendono questo giudizio (che può venire solo dalla legge), sia chiaro che la difesa di Mastella davanti ai cittadini non può essere basata sull’idea che non ha fatto altro che «far politica».
È questa infatti più o meno la voce dal sen fuggita dal Parlamento già ieri, e ripresa da molti commenti. Il profilo del caso, così come esce da queste prime intercettazioni, si dice, non sembra avere un gran peso «penale» in quanto manca «il passaggio di denaro» o «la presenza di potenziali intermediazioni di affari», volgarmente dette tangenti. In effetti, si ripete, Mastella e l’Udeur non facevano altro che trattare incarichi pubblici, applicare in maniera magari un po’ drastica, e con frasi troppo colorite (confermo: è vero che in Campania quando si dice «quello per noi è morto», significa che ha chiuso con te) gli accordi dentro la sua coalizione. E chi non fa questo? Mastella e l’Udeur insomma, non facevano altro che «far politica».
Con grande efficacia, il concetto è stato illustrato, con uno di quei colpi di genio mediatici che vengono solo a chi non fa parte del circuito mediatico, dai sindaci presentatisi a sostenere Mastella con le fasce tricolore orgogliosamente indossate.
Ma che questa sia o no la politica, è esattamente il dilemma e il problema intorno a cui la classe dirigente si sta giocando la sua stessa esistenza. È proprio vero infatti che nella realtà Mastella non ha fatto nulla che non facciano proprio tutti. Tanto per non andar lontano, le nomine di cui si discute con tale passione nelle telefonate politiche dell’Udeur sono in buona parte quelle della Sanità, le maledette nomine Asl, cui negli ultimi anni hanno legato il proprio nome i peggiori scandali del Paese, a destra e a sinistra. È nel giro delle nomine Asl e degli Ospedali che ha origine in Calabria prima un omicidio, quello di Fortugno, e poi un’immensa faida dentro un pezzo della Margherita.
A Genova il governatore della Regione, Burlando, Ds, è stato di recente quasi travolto dalla denuncia di medici genovesi contro l’eccesso di ingerenza dei politici nelle nomine dei medici. Scandali anche per il centro destra nella Sanità del Lazio; enorme macchina di potere la Sanità della Lombardia. L’influenza sulla spartizione del pubblico e dei suoi servizi è in Italia da tempo la radice e la ragione di un enorme cambiamento del fare politico. I partiti sono imprigionati in coalizioni obbligate, gli eletti sono scelti dai partiti, e il potere sulla macchina pubblica è la misura dell’influenza politica nel suo complesso. Un tutto che si tiene, e che ha permesso il lievitare, fuori da ogni credibilità di funzionamento, sia dei costi che della dimensione della gestione pubblica. La politica come macina-nomine, e suprema agenzia di collocamento. Perché allora giudicare Mastella così duramente, si dice? In fondo il suo agire è solo parte di un trend, di un modo di essere, i suoi sono insomma non più che una serie di peccati veniali. Questa è la convinzione che ha fatto scattare l’applauso bipartisan del Parlamento; e questo è in gioco nella partita che la politica pensa di avere aperta con la giustizia. Senza mascherarlo neanche troppo, la politica sostiene infatti che una cosa sono le infrazioni vere e proprie (interessi legati ai soldi, corruzioni private etc), altro è l’esercizio dell’influenza politica e delle trattative politiche. Ma se questa distinzione passa, passa un’intera visione della società. Si parla, ad esempio, tanto di camorra in questi giorni. Ma cos’è la camorra se non l’idea che gruppi privati possano piegare le regole del gioco grazie alla forza? Cos’è la camorra, la malavita, la corruzione vera, se non la ricerca di una zona franca che permetta ai legami familiari, di gruppo, di sangue, o di convinzione ideologica, di contare più delle regole comuni della società? Con ciò non vogliamo dire che la politica è diventata camorrista, o malavitosa. Ma se è vero che la criminalità è innanzitutto una cultura, tanto per richiamarci all’eterno Sciascia, la politica non può non vedere l’affermarsi di una cultura pubblica che si nutre di alibi, scuse e scorciatoie come sostituto della legalità. (Lucia Annunziata)
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=4035&ID_sezione=&sezione=
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Corriere della sera, 18 gennaio 2008
E il leader DEL Campanile torna all'attacco: «IL PD MI HA LASCIATO SOLO»
Caso Mastella, l'Udeur minaccia l'Unione: «Mozione pro Clemente o sarà crisi»
Fabris
: «Tutta la maggioranza condivida la sua relazione». Di Pietro: «Prodi dica con chi sta il governo»
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Corriere della sera, 18 gennaio 2008
LA SENTENZA A PALERMO : Talpe Dda, Cuffaro condannato a 5 anni
Favoreggiamento e rivelazioni di segreti d'ufficio senza aggravante di aver favorito Cosa Nostra

PALERMO - Il presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, imputato di favoreggiamento aggravato alla mafia e violazione di segreto d'ufficio, è stato condannato a cinque anni di reclusione per favoreggiamento semplice senza l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra nel processo di primo grado sulle Talpe alla Procura di Palermo. Cuffaro è stato anche interdetto dai pubblici uffici per tutta la durata della pena. Prima della lettura della sentenza Cuffaro, presente in aula, aveva detto: «Sono rispettoso delle istituzioni».
RESTO PRESIDENTE - Il presidente della regione Sicilia dopo la sentenza ha aggiunto: «Resto presidente della regione: non ho mai favorito la mafia. Quello che farò lo sapete già. Domani alle 8 sarò al mio tavolo da lavoro. Grazie a tutti i siciliani che mi hanno sostenuto. Sapevo di non aver fatto nulla per favorire la mafia. Vorrei ringraziare innanzitutto i miei avvocati che sono stati per me fratelli, senza di loro non ce l'avrei fatta».
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Corriere della sera, 18 gennaio 2008
Contestato al cavaliere il reato di corruzione. Chiesto rinvio a giudizio per Berlusconi

Nell'inchiesta sulle segnalazioni a favore di 5 attrici fatte dal leader di Fi al presidente di Rai Fiction Saccà
NAPOLI - Torna in primo piano l'inchiesta sulle segnalazioni a favore di cinque attrici fatte da Silvio Berlusconi al presidente di Rai Fiction Agostino Saccà. La Procura di Napoli ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per il leader di Forza Italia. A Berlusconi i giudici partenopei contestano il reato di corruzione.