lunedì 21 gennaio 2008

Oltre al presente, non dimentichiamo il passato di certi "signori"..

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Ringrazio di cuore Beppe Grillo per averci ricordato CHI è Totò CUFFARO (presidente della Regione Sicilia, nel passato militante nella corrente di Mannino della DC siciliana).
Questo “signore” (oggi abbracciato da Casini e da Cossiga, oltre che da tanti altri, per essere stato condannato a 5 anni – primo grado di giudizio, è vero, ma la condanna c’é) osò accusare pubblicamente di corruzione Giovanni Falcone e quei giudici che hanno dimostrato con la loro storia da che parte stavano : giudici che hanno dato la loro vita per la Giustizia e di fatto per tutti gli italiani – anche per quelli che sostenevano e continuano a sostenere, con il loro voto, quegli squallidi personaggi che un tempo sputavano in faccia a Falcone la loro rabbia e che ora stanno zitti, confidando che la memoria degli uomini è corta e parziale..
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NON DIMENTICHIAMO!
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Saluti a tutti
Fabrizio Frosini

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CUFFARO, da Costanzo, ACCUSA FALCONE DI ESSERE UN GIUDICE CORROTTO..!
http://it.youtube.com/watch?v=F5MZmJLMQ9Y
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COSSIGA, da Latella, SKY TV, DIMOSTRA IL PROPRIO SPESSORE DI UOMO E DI POLITICO, PRENDENDO LE DIFESE DI CUFFARO E DI MASTELLA CONTRO LA MAGISTRATURA
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da La Stampa di oggi :
intervista a Bruno Tabacci , di Fabio Martini
"Cuffaro, Cesa, Mele: ora basta assolverci da soli"
«Casini sbaglia a sottovalutare il caso Sicilia. Così la politica si riduce a casta arrogante»

Col compiacimento di chi si sente un libero pensatore, Bruno Tabacci scandisce parole grosse, che pochi altri politici possono permettersi: «Confesso che le brutte vicende di questi giorni - i rifiuti campani, la vicenda Mastella, la condanna a Cuffaro - mi hanno messo in una condizione di grande prostrazione. Nella vicenda politica oramai c’è soltanto la violenza delle diverse bande in campo. Comincio a provare disgusto per quel che siamo diventati: l’etica pubblica si disperde, siamo diventati campioni del conflitto di interesse, che esalta il nostro personale contro quello generale».
Allievo di Albertino Marcora, già presidente democristiano della Regione Lombardia negli anni della Prima Repubblica, indagato e assolto durante Tangentopoli, da anni Bruno Tabacci vive con indipendenza di giudizio la militanza nell’Udc e nel centrodestra.
Il leader del suo partito, Pier Ferdinando Casini, ha tirato un sospiro di sollievo perché il Governatore di Sicilia Totò Cuffaro non è mafioso e dunque può restare al suo posto dopo una condanna a 5 anni. Lei condivide?
«Non sono d’accordo con la sottovalutazione fatta da Casini. La mia solidarietà umana a Cuffaro è fuori discussione, ma nella mia coscienza emerge un dissenso politico per l’indifferenza con la quale si valutano le sentenze giudiziarie. Qui non stiamo parlando di un divieto di sosta».
Quale il messaggio che viene fuori dalla vicenda?
«Quello della furbizia. Non si può ridurre tutto ad uno scontro tra poteri, nel quale oltretutto non emerge un’autorevolezza della politica, capace di indicare la strada di un rinnovamento anche alla magistratura. Una politica che si erge invece a difesa della casta».
Si obietta, il processo è lungo, fatto di tre gradi...
«Non è la prima volta che si ragiona così. Anche qualche illustre banchiere si è mosso sulla linea dell’irrilevanza della condanna di primo grado. Non è un esempio».
Con questo atteggiamento minimalista, non si alimenta il qualunquismo?
«Esattamente. Così si fa crescere l’antipolitica, non ci si può assolvere da soli in un sistema democratico fondato sulla divisione dei poteri. D’altra parte il giustizialismo e la risposta della piazza all’ebbrezza del sangue e alla decapitazione delle classi dirigenti, lo conosciamo già. Solo una politica alta e credibile può spingere la magistratura a recuperare appieno il senso dello Stato».
Lo spaccato offerto dall’inchiesta Mastella non racconta una politica impicciona sino a diventare soffocante?
«Emerge un quadro nel quale è difficile distinguere tra reato e costume, tra fatti penalmente rilevanti e abitudini consolidate. Si staglia la crisi di una politica arrogante che giustifica ogni corporazione e furbizia, il prevalere dell’accaparramento personale sull’etica pubblica. Non sono più le raccomandazioni di Remo Gaspari. La sanità non è per il malato, ma per chi vi opera: la politica vuole controllare la sanità per controllare i bisogni dei cittadini nella debolezza della loro salute e condizionarne le scelte».
Nel Mezzogiorno l’etica pubblica fatica da decenni, ma al Nord la politica è davvero così disinteressata?
«Anche al Nord accadono certe cose e nella stessa Lombardia non è che i Formigoni ci vadano leggeri».
Se lei distingue le fasi del processo, non se la sente di rimproverare il segretario del suo partito, Lorenzo Cesa, o il collega di partito Cosimo Mele che sono ancora «a monte»...
«Non ho lesinato le critiche quando, nel venir meno dell’etica pubblica, poi si giustifica tutto».
Mastella che si è dimesso è meglio di Cuffaro?
«Dopo il suo intervento alla Camera, ho stretto la mano a Mastella e gli ho detto: “Dai subito dimissioni irrevocabili”. Lui mi ha risposto: “Prodi sta...”. E io: “Se pensi di utilizzare l’interesse di Prodi a galleggiare, non arrivi a stasera”. Se pensava di restare, non lo ha fatto e ha dato il segno di come ci si deve comportare in questi casi».
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